1. Cappio per uno strangolatore

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    George Gaffney era un ladruncolo di poco conto. Agiva a Soho, il malfamato quartiere a luci rosse di Londra, nei primi anni di questo secolo. Non aveva mai commesso crimini gravi, eccetto uno, che si rivelò il più grave di tutti.
    Il 1° marzo del 1910 Gaffney fu attratto da una strana corda di seta intrecciata lunga poco meno di un metro vista su una bancarella: riconobbe la corda usata dalla setta indiana dei Thug per uccidere le loro vittime.
    Gaffbey l’acquistò. Due settimane dopo la usò...
    Da tempo il ladruncolo era impensierito da una giovane di nome Bessie Graves che, essendo incinta, gli chiedeva con insistenza nozze riparatrici. Gaffney però l’aveva corteggiata con il falso nome di Arthur Eames. A un certo punto gli si era presentata un’occasione ben più ghiotta: un’attempata ma ricca vedova, di nome Stella Fortney.
    Gli investigatori di Scotland Yard, chiamati dalla padrona di casa in preda a una crisi isterica, trovarono Bessie Graves strangolata, con la corda talmente stretta al collo che era penetrata nella carne. L’unico indizio era il nome del probabile strangolatore, Arthug Eames.
    Era ben poco perché Scotland Yard potesse continuare le indagini, quindi tre settimane dopo Gaffney era ancora uccel di bosco, libero soprattutto di continuare la tresca con la vedova.
    Una sera ebbe l’idea di presentarsi alla vedova, per fare colpo, con una piccola carrozza a due posti. Un momento più tardi si udì un urlo. Nella semioscurità della carrozza apparve Bessie Graves, seduta accanto a lui. Gli occhi vitrei della ragazza morta fissavano quelli di George, mentre la lingua tumefatta penzolava dalla bocca.
    Per una settimana Gaffney cercò di annegare nell’alcol la sua disperazione; poi si recò di nuovo da Stella. L’accoglienza fu ben lungi dall’essere calorosa, ma l’atmosfera si stemperò quando Gaffney le porse un anello di diamanti che aveva rubato. Aprirono una bottiglia di champagne e, dopo averla finita, la vedova chiese a Gaffney di scendere in cantina a prenderne un’altra. Aiutandosi con la lampada a petrolio, era arrivato a metà scale quando, dall’oscurità, emerse Bessie Graves.
    La corda un po’ allentata le pendeva dal collo come una collana, ma gli occhi che lo fissavano erano terrificanti. Gaffney urlando le lanciò contro la lampada, ma ruzzolò rovinosamente in fondo alle scale.
    Rimase tre settimane in ospedale. Dimesso, decise che c’era un solo modo per liberarsi del fantasma che lo perseguitava. Se avesse lasciato per sempre l’Inghilterra, forse Bessie Graves non l’avrebbe più tormentato. Acquistò quindi un biglietto per il Quebec sulla nave di linea Montrose.
    Con rinnovata speranza decise di passare la notte prima della partenza in un piccolo albergo. Ma nella semioscurità della stanza intravide Bessie.
    Questa volta, liberatasi completamente del cappio, lo tendeva a Gaffney. Senza opporre resistenza egli lo prese dalle sue dita chiuse ad artiglio. Quando Gaffney alzò lo sguardo, Bessie era scomparsa. Ma il m...

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    Last Post by Aibux! il 6 Dec. 2014
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  2. Il demone in fasce
    La vendetta di una vittima “cannibalizzata”

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    Quando il panfilo britannico a vela quadra Pierrot affondò nell’Atlantico nel luglio del 1884, riuscirono a salvarsi solo quattro persone. I naufraghi, stipati in una scialuppa malconcia, vagarono alla deriva per venticinque giorni. Erano ormai prossimi alla morte per fame e sfinimento, quando il capitano Edwin Rutt avanzò una proposta estrema e disperata.
    Avrebbero tirato a sorte chi doveva essere mangiato.
    Due marinai erano d’accordo con Rutt, ma il diciottenne Dick Tomlin, il più giovane dell’equipaggio, si oppose, affermando che piuttosto che mangiare carne umana avrebbe preferito morire.
    Fu la sua resistenza a deciderne la sorte. Alla prima occasione Rutt affondò il pugnale nel collo di Tomlin mentre dormiva.
    L’ufficiale in seconda Josh Dudley e il marinaio Will Hoon non ebbero alcuno scrupolo a farsi cannibali. Quattro giorni dopo vennero salvati dal panfilo Gelert; la carne del ragazzo aveva fornito loro il sostentamento.
    Inorridito, il capitano del Gellert si rifiutò decisamente di consegnare i miseri resti al mare. Il corpo della vittima, nascosto sotto una cerata, accompagnò così i tre sopravvissuti fino al porto di Falmouth in Cornovaglia.
    I tre vennero processati e infine condannati per omicidio. Ma il ministro degli Interni decise che gli orrori erano stati anche troppi e commutò la pena a sei mesi di carcere. Nessuno poteva immaginare invece che l’orrore stava iniziando proprio allora. Una volta usciti di prigione, il futuro che li attendeva era assai triste. Josh Dudley per campare trovò lavoro come carrettiere. Due settimane dopo, in una strada di Londra avvolta nella nebbia, qualcosa si parò di fronte ai cavalli; gli animali, imbizzarriti, scaraventarono sul selciato Dudley e l’uomo batté violentemente la testa. Secondo alcuni testimoni, quel “qualcosa” era una figura avvolta da capo a piedi in bende insanguinate. Dopo la morte di Dudley, la figura scomparve misteriosamente.
    Il capitano Rutt, in preda al terrore, si mise a frequentare le bettole di Soho alla ricerca di Will Hoon. Il vecchio lupo di mare era abbrutito dall’alcol e male in arnese. Rutt gli raccontò che qualche parente di Tomlin, spinto dalla sete di vendetta, si travestiva da fantasma del giovane e supplicò Hoon di aiutarlo a stanare l’impostore. Ma tutto quello che Hoon desiderava era altro gin e, in preda ormai al delirio, fu portato ino un ospedale di carità, dove morì in un accesso di convulsioni disperate. I testimoni raccontarono successivamente di aver visto un altro paziente “completamente bendato” che teneva fermo Hoon, nel tentativo forse di confortarlo. Quel paziente poi scomparve.
    Ormai in preda al terrore, Rutt si recò alla polizia. Anche qui i suoi racconti di “figure avvolte in fasce” furono sbeffeggiati, ma considerando lo stato mentale in cui versava il capitano, gli venne offerto di passare la notte in cella.
    Rutt accettò di buon grado, controllando per bene che la cella venisse chiusa a chiave. La cella si trovava nella...

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    Last Post by Aibux! il 5 Dec. 2014
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  3. L’anello di eliotropia
    Una mano mozzata smaschera l’omicida

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    Un vento impetuoso sferzava il piccolo villaggio inglese di Willisham: le tegole volavano dai tetti, i rami spezzati cadevano a terra. Un brivido percorse un’antica quercia che, colpita da una raffica rabbiosa, cadde al suolo, sradicata.
    Gli abitanti del villaggio, accorsi per assicurarsi non vi fossero feriti, rimasero inorriditi di fronte allo spettacolo: dalle radici contorte affioravano resti umani.
    Venne chiamato l’unico poliziotto della piccola comunità dell’East Anglia, l’agente Klug, il quale ordinò che il corpo venisse esumato da quell’insolita tomba. Al dito di una mano smembrata brillava un anello. Agendo d’impulso, l’agente, d’aspetto lugubre, consegnò il misero resto a Ellen Grey, sorella di una ragazza scomparsa misteriosamente diciotto anni prima, nel 1873. Ellen, alla vista della mano, lanciò un grido e strinse al petto la sinistra reliquia.
    “È la mano di Mary”, disse tra i singhiozzi. “L’anello di eliotropia è stato il mio regalo di nozze. Era nata in marzo e questa era la sua pietra.”
    Klug comprese tutto. Anche se il caso era avvenuto molto tempo prima del suo arrivo, per la sua notorietà era divenuto oggetto di una ballata popolare.
    Al compimento del diciottesimo anno d’età, Mary Grey aveva sposato Basil Osborne ma, prima di compiere il gran passo, aveva inviato una lettera a John Bodneys, l’ex fidanzato, per chiedergli perdono.
    Un’ora prima che lo sposo venisse a prenderla per condurla in viaggio di nozze, Mary confidò alla sorella di voler restare sola qualche momento nella stanza che avevano per tanto tempo condiviso. Quando Osborne arrivò con la carrozza, non era ancora scesa. Insospettiti e preoccupati, forzarono la porta chiusa a chiave, ma della sposa non v’era alcuna traccia.
    La finestra della stanza dava su un terrazzo da cui, per una scalinata, si scendeva in un giardino chiuso. Ma anche il giardino era vuoto.
    Lo sposo derelitto morì un mese dopo. Di crepacuore, si disse nel villaggio.
    Trascorsi diciotto anni, il villaggio veniva a sapere cosa ne era stato di Mary: lo scheletro aveva il collo spezzato! Ellen si rifiutò di consegnare la mano della sorella. Le era stata restituita per uno scopo ben preciso, spiegò. E lo scopo andava raggiunto.
    Alla sua morte lasciò nel testamento una bizzarra disposizione. La casa andava in eredità alla governante, Maggie Williams, ma la mano doveva far mostra di sé in un locale pubblico “per poter un giorno svelare l’omicida”.
    Maggie aprì quello che in breve diventò il pub più elegante di Willisham e riservò alla mano un posto d’onore su una parete. Racchiusa in una teca di vetro, adagiata sul velluto nero, la mano con l’anello attirava l’attenzione di tutti.
    Scemata l’iniziale sorpresa, l’omicidio di Mary era comunque argomento di conversazione fra gli avventori. Una burrascosa sera di marzo del 1895 un forestiero se ne stava seduto ad ascoltare la conversazione.
    “Deve essere stato in una notte come questa che il vento ha sradicato quella vec...

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    Last Post by Aibux! il 4 Dec. 2014
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  4. Universi paralleli, “ecco la prova della loro esistenza e interazione”
    di Davide Patitucci

    Universi paralleli, “ecco la prova della loro esistenza e interazione”

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    Può sembrare la sceneggiatura di un film, eppure i fisici teorici studiano questi scenari da almeno 50 anni, ed esistono complicati ed eleganti calcoli matematici in grado di descriverli. L’ultima formulazione è stata pubblicata su “Physical Review X” da un team di studiosi australiani e statunitensi

    Secondo lo strano mondo della meccanica quantistica, abitato da atomi e particelle, esiste un universo in cui questo articolo non è mai stato scritto. E, a un tempo, un altro mondo in cui è possibile leggerlo e commentarlo. Bizzarrie della realtà a livello dei suoi costituenti più intimi, governata da fenomeni che spesso fanno a pugni con il senso comune. E che hanno fatto storcere il naso persino ad Albert Einstein. Come la teoria del multiverso, in base alla quale esisterebbe una pluralità di universi paralleli, al punto che ogni decisione che ciascuno di noi prende in questo mondo ne creerebbe di nuovi. Secondo questa interpretazione, ci sarebbe, ad esempio, un mondo in cui il Terzo Reich è uscito vincitore dalla II guerra mondiale, e un altro in cui Hitler è uno sconosciuto pittore.

    Può sembrare la sceneggiatura di un film, eppure i fisici teorici studiano questi scenari da almeno 50 anni, ed esistono complicati ed eleganti calcoli matematici in grado di descriverli. Secondo l’ultima formulazione, appena pubblicata su “Physical Review X” da un team dell’University of California a Davis, e della Griffith University australiana, non solo gli universi paralleli esisterebbero davvero, ma potrebbero persino interagire.

    Quando fu introdotta per la prima volta negli Anni ’50 dal geniale matematico americano Hugh Everett III, all’epoca in forze alla Princeton University, la teoria dei molti mondi venne derisa. Everett riuscì a fatica a pubblicarla, e alla fine abbandonò disgustato la carriera accademica. Negli anni, però, le sue raffinate spiegazioni di alcuni strani fenomeni del mondo subatomico, come la capacità delle particelle di coesistere in luoghi diversi – stranezze che spingevano il premio Nobel Richard Feynman ad affermare che “chiunque crede di aver capito la meccanica quantistica, non l’ha compresa abbastanza” – hanno fatto sempre più breccia tra i fisici.

    “Secondo la teoria di Everett – spiega Howard Wiseman, a capo del team australiano – ogni universo si divide in una serie di nuovi universi, quando viene effettuata una misurazione quantistica. Partendo dalle sue intuizioni, abbiamo dimostrato che è proprio dall’interazione tra questi mondi,...

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    Last Post by Aibux! il 4 Dec. 2014
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  5. I Men in Black
    Fact File

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    Epilogo comune a molte storie di laieni e di UFO è la comparsa di uomini vestiti di nero che interrogano i testimoni delle apparizioni e sembrano voler verificare ciò che è appena accaduto.
    I più esperti tra gli osservatori abituali di UFO sono così abituati a questi strani visitatori da chiamarli col nomignolo di MIB, cioè Men in Black.

    1. Qualche volta i Men in Black, che interrogano i protagonisti dei vari avvistamenti di UFO, si presentano in tre, anche se nella maggioranza dei casi sono in due. Normalmente sono identificabili grazie ai loro completi neri, ma possono indossare anche uniformi militari. I testimoni parlano più facilmente quando credono di essere interrogati da un ufficiale superiore dell'esercito.

    2. Coloro che hanno ricevuto la visita dei MIB concordano nel riferire l'impressione che i visitatori volessero convincerli a fornire la spiegazione più banale dei loro avvistamenti. In genere dimostrano che può essersi trattato di un abbaglio o di un oggetto normalissimo visto da un'angolatura particolare. Se il testimone insiste, i MIB possono assumere un atteggiamento aggressivo. Quando capiscono di avere fallito la loro missione, scompaiono all'improvviso senza una parola di spiegazione.

    3. In molti casi, i MIB compaiono al volante di automobili di lusso, come Cardillac in America, o Jaguar in Inghilterra. Spesso mostrano delle tessere del Ministero della Difesa (in Inghilterra), o dei servizi segreti americani. Qualche volta il loro messaggio è straordinariamente semplice; nel 1975 uno di loro si è limitato a dire al testimone di un'apparizione UFO nel Maine (USA): "Se non vuoi avere guai, ti conviene tenere la bocca chiusa".

    4. I MIB non si limitano a semplici avvertimenti verbali. Nl 1953 uno studioso di UFO, Albert Bender, dichiarò di essere stato rapito dai MIB e condotto nell'Antartide. Lì, davanti alla minaccia di essere abbandonato tra i ghiacci, a congelare, avrebbe promesso di non pubblicizzare più i risultati delle sue ricerche. Tenne fede a questa promessa fino al 1960, quando, secondo lui, i MIB avrebbero lasciato la Terra per ritornare sul loro pianeta.
    Un testimone inglese venne trascinato in una palude al confine tra la Scozia e l'Inghilterra e poi abbandonato. Per ritornare a casa dovette percorrere a piedi oltre icnque miglia, ma può considerarsi fortunato, pensando a quanto avrebbe dovuto camminare se lo avessero piantato in asso nell'Antartide!

    5. Se davvero i MIB hanno lasciato la Terra nel 1960, non sono comunque stati via molto a lungo. Abbiamo molte testimonianze della loro attività tra il 1965 e il 1967, e poi ancora per tutti gli anni Settanta.

    6. Secondo la testimonianza di Albert Bender, i MIB non sono assolutamente attendibili. GLi avevano infatti rivelato che il governo americano sapeva tutto sugli UFO ed avrebbe reso pubbliche le sue informazioni nel giro di cinque anni. I cinque anni sono da tempo passati, ...

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    Last Post by Aibux! il 1 Dec. 2014
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  6. Alieni killer

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    La caratteristica più curiosa degli UFO è la loro estrema timidezza. Molti di loro hanno enormi poteri e sono in grado di attraversare l’universo, ma appena vedono una macchina fotografica scappano a gambe levate. Qualche volta gli alieni sono amichevoli e sembrano angeli venuti ad alleviare le sofferenze degli uomini, ma in altri casi somigliano a diavoli, e sono realmente pericolosi. Uno degli episodi più sanguinosi, avvenuto in Brasile nel 1976, è culminato in un doppio omicidio. Gli autori non sono mai stati rintracciati.

    I bambini erano sconvolti. “Non li abbiamo uccisi noi!”, sussurrò Julio.
    “li abbiamo solo trovati, distesi lì per terra”, aggiunse Roberto.
    L’ispettore José Bittencourt si alzò e fece il giro della scrivania. Pensava che i bambini avrebbero parlato più liberamente se assumeva un’aria rilassata. Si slacciò il colletto della camicia, si allentò la cravatta e si sedette di fianco a loro su una seggiolina.
    “Deve essere stato uno shock terribile”, disse. Julio si piegò verso di lui.
    “No. Pensavamo che stessero prendendo il sole in cima alla collina”.
    “Bah!”, obiettò Roberto. “Con addosso l’impermeabile?!”
    “Forse volevano abbronzarsi solo la faccia!”, borbottò Julio offeso.
    Roberto stava per fare un’osservazione acida quando l’ispettore Bittencourt si intromise.
    “E’ strano, però. Erano lì sdraiati con l’impermeabile... eppure è più di una settimana che non piove!”
    I ragazzi annuirono; nemmeno loro sapevano come spiegarlo.
    “Dunque, ricapitoliamo. Abitate dall’altra parte della baia, a Niteroi, vero?”
    “Sì.”
    “E questa mattina siete partiti per salire in cima a Monte Vintem. Perché?”
    “Per vedere gli aerei”, disse Julio. “Monte Vintem è veramente alto e gli aerei ti passano proprio sopra la testa. Si vedono perfino le facce dei piloti. E certe volte i passeggeri ci salutano con la mano!”
    L’ispettore Bittencourt sapeva a cosa si riferivano i due ragazzini: agli aeroplani in partenza o in arrivo all’aeroporto di Santo Dumont, a Rio de Janeiro. Sapeva anche che Monte Vintem era una collina alta più di 350 metri ed era certamente una buona postazione da cui si dominava la baia di Rio, e si poteva seguire l’atterraggio degli aerei.
    “Avete visto gli aerei...”
    “No. Una volta in cima abbiamo visto i cadaveri”, lo interruppe Roberto. “Siamo tornati indietro di corsa. Io sono caduto e mi sono ferito al ginocchio”, disse, indicando la fascia bianca che spiccava sulla sua gamba scura.
    “Vedo”, annuì l’ispettore. “Non avete visto nessun altro sulla collina? Durante la discesa non avete incontrato nessuno?”
    I ragazzi si guardarono e scossero la testa.
    “Vivete ai piedi della collina, vero? Non conoscevate quegli uomini?”
    Scossero di nuovo la testa.
    “E non avete visto niente di strano?”
    Roberto fece segno di no, mentre Julio aprì la bocca per poi richiuderla subito. José Bittencourt era un bravo poliziotto e aveva molta pazienza con i bambini, anche ...

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    Last Post by Aibux! il 1 Dec. 2014
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  7. Novità forum

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    Blog
    Comunicazioni
    By Aibux! il 28 Nov. 2014
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    Dopo tre giorni di prove in "fase sperimentale", da questa sera viene finalmente estesa a tutti gli utenti registrati al blog la possibilità di scrivere articoli. Chiunque volesse aprire un dibattito, lanciare spunti di riflessione o collaborare in qualsiasi altro modo con Mondi Paralleli, non deve fare altro che cliccare sul pulsante TOPIC nella colonna qui a destra e dunque scrivere il proprio pensiero, anche in un testo molto breve, come era possibile fare già da tempo attraverso i commenti.
    Le vostre esperienze e i vostri pensieri sono molto importanti per la vita del blog. Chi volesse condividerli, è ben accetto!
    Last Post by Aibux! il 28 Nov. 2014
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  8. Piccoli alieni grigi

    Molti si chiedono come mai se ci sono tanti avvistamenti di UFO, non abbiamo nessuna prova delle loro spedizioni sulla terra, per esempio un frammetno di astronave, o magari anche il corpo di un alieno. Gli ufologi sostengono che esistono resti di astronavi aliene che si sono schiantate sulla superficie terrestre, e anche corpi di alieni morti nello schianto, ma che i governi coprono con il segreto tutto questo. L’incidente più famoso sarebbe avvenuto negli USA, vicino a una piccola località chiamata Roswell...

    Il vento spazzava l’arida pianura, sospingendo i corvi nel cielo come coriandoli neri e scuotendo i rari cespugli ormai senza foglie. Sembrava non potesse esserci al mondo luogo più desolato.
    Un vecchio apparve sul crinale dei monti che sovrastavano la pianura ondulata. Riposò per qualche istante, appoggiato al bastone, mentre un ragazzo gli si accostava in silenzio.
    Gli abiti del vecchio erano neri come paramenti funebri, e il suo volto era solcato da rughe grigiastre. Anche il suo bastone da passeggio dall’impugnatura d’argento era nero. Il ragazzo si era fermato a un passo da lui. Parlò a voce alta, perché il vento portava via le sue parole e il vecchio era un po’ sordo.
    “E’ qui che è successo, nonno?”
    Gli occhi chiusi del vecchio lacrimarono mentre li investiva un piccolo turbine di sabbia. C’era una buca nel terreno, dove un tempo era cresciuto un cespuglio che il vento aveva strappato. Il vecchio si sedette protetto da quel precario riparo e battè la mano sulla terra riarsa: “Siediti qui, Joe”.
    Il ragazzo si lasciò scivolare a terra e guardò verso la pianura. Il vecchio alzò il bastone e indicò un punto nella distesa grigio-verde ai loro piedi. “Adesso l’erba è ricresciuta”, disse. “Ma cinquant’anni fa qui c’era una fenditura profonda, come se qualcosa avesse colpito il terreno a una velocità tremenda...”.
    Sul terreno si intravedeva ancora come l’ombra di una traccia. O almeno a Joe sembrava di scorgerla.
    “Ed è lì che il disco volante si è schiantato?”
    “Non esattamente”, disse il vecchio. Parlava piano, scegliendo le parole con cura. “O meglio sì, benché la cabina sia stata ritrovata più a nord, verso Corona”.
    Il ragazzo scosse la testa.
    “Non riesco proprio a capire, nonno. Quegli alieni avevano attraversato l’universo per arrivare sulla terra, e perciò dovevano essere molto abili come piloti”.
    “E’ vero”, disse il vecchio.
    “E allora come mai si sono sfracellati quando sono arrivati qui?”, chiese Joe. “Dovevano essere proprio stupidi, o sconsiderati”.
    “Mmmm”, annuì il nonno. “Mi ricordo che c’era stata una tempesta, il 2 giugno di quell’anno...”
    “Il 1947?”
    “Il 1947. La peggior tempesta a memoria d’uomo, da queste parti. Io certo non ne ho più vista una così. Il proprietario di questa terra, nel 1947 era un certo Mac Brazel. Si ricordò di avere visto un grande lampo nel cielo proprio qua sopra. Era rosso, con una specie di coda bianca, ma lui pensò che fosse un lampo di caldo, ...

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    Last Post by Aibux! il 28 Nov. 2014
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  9. Gli Hill sono vivi

    Ogni tanto arriva il resoconto di un contatto UFO totalmente diverso da tutti gli altri, cui generalmente segue una nutrita serie di testimonianze dello stesso tipo. Il caso di Betty e Barney Hill, però, è stato assolutamente straordinario: dopo la diffusione della loro esperienza, i racconti di episodi analoghi sono arrivati addirittura a migliaia! E Betty e Barney Hill erano stati rapiti dagli alieni…

    “C’è qualcuno là fuori. E vi sta spiando”, disse la voce.
    La mano della donna tremava mentre stringeva la cornetta del telefono.
    “Grazie”, sussurrò. “Sapevo che non era solo la mia immaginazione”.
    Rimise a posto il telefono con un gesto brusco. L’uomo alto, dalla carnagione scura, che era seduto a bordo di una sedia, le rivolse uno sguardo pieno di apprensione.
    “Chi era?”, chiese, con voce rauca.
    Il volto della donna era pallido e incorniciato da una spessa cortina di capelli neri.
    “probabilmente sono umani”, mormorò.
    “E allora perché non si fanno avanti, se vogliono parlarci?”
    Proprio mentre diceva queste parole, qualcuno bussò alla porta. Un colpo secco. Sia l’uomo che la donna balzarono in piedi, gli occhi fissi alla porta del corridoio, immobili.
    “Vai tu, Barney”, disse la donna, con una specie di gemito.
    L’uomo si mosse con rigidità meccanica, dicendo: “Vado io, tesoro”, come se non l’avesse sentita.
    Si umettò le labbra mentre apriva cautamente la porta del corridoio; poi rimase fermo con la mano sulla maniglia della porta d’ingresso per un attimo che durò un’eternità. “Chi è?”, chiese con voce flebile e gracidante, molto strana per un uomo della sua corporatura.
    “Jess Winter, Mr Hill. Si ricorda, le ho telefonato per chiederle se potevo passare questa sera?”
    “Chi è?”, chiese Betty Hill dal soggiorno.
    “Mr Winter!”, le rispose il marito. “Della UFO Society. Voleva intervistarci. Te lo ricordi?”
    “Me ne ero dimenticata”, disse la donna con una risatina nervosa. “Fallo entrare mentre metto su un caffè”.
    Barney Hill aprì la porta. Jess Winter era giovane, aveva uno zaino sulle spalle e porse a Barney una mano gracile che quasi scomparve nella sua zampa da orso. “Lieto di conoscerla, Mr Hill! E’ un grande privilegio per me quello di poter parlare con voi. Probabilmente i vostri saranno, per l’ufologia, i nomi più importanti dei prossimi vent’anni!”.
    Si passò nervosamente la mano sui capelli quasi rasati, mentre i suoi occhi scintillavano nella luce pallida del corridoio.
    “Entra, Jess”, disse Barney Hill facendogli strada verso il soggiorno. La stanza dove entrarono era accogliente, dai colori un po’ scialbi, ma non priva di una certa ricchezza.
    Dalla cucina li raggiunse la voce allegra di Betty: “Il caffè è sul fuoco. Può iniziare con le domande, mentre finisco di sistemare”.
    Sembrava contenta di avere un pretesto per muoversi, mentre preparava le tazze e controllava la caffettiera.
    Jess Winter si schiarì la gola. Era decisamente il più nervoso dei tre.
    ...

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    Last Post by Aibux! il 27 Nov. 2014
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  10. Nascondino al buio

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    Molti pensano che le prime apparizioni di extraterrestri, con le loro navi spaziali ipertecnologiche, risalgano a non più di cinquant'anni fa. E' vero che l'espressione "disco volante", a proposito di questi oggetti misteriosi, fu usata per la prima volta nel 1947. Ma le visite degli alieni sono cominciate molti anni prima. Questa storia è del 1926...

    Era novembre. Faceva freddo. Le strade erano immerse nella nebbia. I lampioni a gas erano circondati da un alone luminoso che ricordava le aureole dei santi sui vecchi libri di scuola. Subito dopo cena, come ogni sera, i ragazzini si radunarono all'angolo della strada. Erano tutti maschi, naturalmente: a quei tempi, perlomeno in quel luogo sperduto dell'Inghilterra settentrionale, giocare con le bambine era da rammolliti. Le bambine stavano a casa ad aiutare le loro mamme o a giocare con le bambole, mentre i loro fratelli se ne stavano a giocare fuori, per strada.
    Albert Coleman aveva soltanto nove anni, ma era grande e grosso e nessuno di noi osava mettersi contro di lui. "Cosa facciamo stasera, Albert?", gli chiesi. "Giochiamo a cricket nel vicolo dietro casa?"
    Albert si piantò le mani sui fianchi, sopra i calzoni corti grigi, e mi lanciò un'occhiataccia: "A cricket? In novembre? Non hai nemmeno un briciolo di buon senso, Henry Towler".
    Fui felice che, a causa della nebbia, il buio fosse sceso prima del solito, quella sera: se non altro, l'oscurità nascondeva il rossore che mi era salito alle guance.
    "Giochiamo a calcio sulla strada?", suggerì Richard Brown.
    "No!", disse Albert deciso. "La polizia non vuole più sentirne parlare da quando è andata in frantumi una finestra del negozio di Mrs Ramsbottom".
    "Non siamo stati noi!", disse il piccolo Eddie Reid tirando su col naso. Tirava sempre su col naso, Eddie, anche d'estate. Quella sera sembrava addirittura un rubinetto.
    "Quello che voglio dire" sospirò Albert, "è che la polizia ci tiene d'occhio. Lasciate passare un paio di settimane, e non ci penseranno più. Allora potremo ricominciare".
    "Ma allora a che cosa possiamo giocare, Albert?", chiesi.
    "A nascondino".
    "Yeah!" gridammo, tutti eccitati.
    "Questo palo della luce è la tana", spiegò Albert. Poi indicò quattro ragazzini. "Noi cinque ci nascondiamo per primi. E voi cinque...", continuò, facendo segno al resto del gruppo, "voi conterete fino a cinquanta e poi ci verrete a cercare".
    "Dieci - venti - trenta - quaranta - cinquanta! Tana!", gridò Richard Brown.
    Albert lo fulminò con uno sguardo: "Non fare lo stupido, Richard".
    "Scusa, Albert".
    "Niente imbrogli, e nemmeno spiate. Occhi chiusi finchè non arrivate a cinquanta", ordinò.
    "Non imbrogliate nemmeno voi", replicò Eddie Re...

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    Last Post by Aibux! il 26 Nov. 2014
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