1. La mano della mummia

    Il conte Louis Hamon aveva fama di occultista e guaritore. Spesso i suoi clienti in segno di gratitudine gli facevano dono degli oggetti più disparati. Ma il dono più strano fu per lui fonte di guai.
    Durante una visita a Luxor, nel 1890, Hamon guarì dalla malaria un potente sceicco. Questi volle a tutti i costi che Hamon accettasse in dono un sinistro oggetto, la mano destra mummificata di una principessa egiziana.
    Fin dal primo istante la moglie del conte provò ripugnanza per quella mano rinsecchita e raggrinzita. Ma la sua avversione si tramutò in orrore quando ne conobbe la storia. Il faraone Akhnaton, il suocero di Tutankhamon che attuò una vera e propria rivoluzione religiosa, durante il suo diciassettesimo e ultimo anno di regno ebbe contrasti molto accesi con la figlia in materia di religione. La sua vendetta fu sinistra.
    Nel 1357 a.C. ordinò ai suoi sacerdoti di usare violenza alla figlia e, quindi, di ucciderla. Le fu in seguito mozzata la mano destra che venne sepolta in un luogo segreto nella Valle dei Re. Il popolo egiziano era sgomento, perché alla giovane sarebbe stato precluso il paradiso, dato che il suo corpo non era intatto al momento della sepoltura.
    Hamon avrebbe preferito donare la reliquia a un museo, ma nessun direttore era disposto ad accettarla. Decise allora di conservarla in una cassaforte nella sua casa di Londra.
    Nell’ottobre del 1922 il conte e la moglie riaprirono la cassaforte, ma si ritrassero inorriditi. La mano della giovane assassinata era mutata: rugosa e mummificata per 3200 anni, stava ora riacquistando un aspetto vivo. La contessa urlando disse che bisognava liberarsene. Hamon, pur non avendo mai provato timore dell’ignoto, fu per una volta d’accordo con lei.
    Solo su un punto fu irremovibile: si doveva riservare alla reliquia il miglior funerale possibile. Tutto era pronto per la sera del 31 ottobre 1922, la notte di Halloween.
    In una lettera Hamon raccontò all’archeologo Lord Carnarvon, suo vecchio amico, di aver posto con delicatezza la mano nel camino e di aver letto a voce alta un brano dal Libro dei Morti. Alle ultime parole un tuono squassò la casa che piombò nel buio più completo. Una raffica di vento spalancò improvvisamente la porta.
    Hamon e la moglie furono sbattuti a terra, un freddo polare invase la stanza. Alzando lo sguardo videro una figura di donna. Secondo il racconto di Hamon “era abbigliata alla foggia dell’Antico Egitto, con il serpente della casata dei Faraoni che spiccava sul copricapo”. Il braccio destro terminava in un moncone.
    L’apparizione si avvicinò al camino e svanì così come era sopraggiunta. Anche la mano mozzata era scomparsa, né fu più rivista.
    Quattro giorni dopo Hamon seppe della scoperta della tomba di Tutankhamon da parte della spedizione di Carnrvon, e della sua intenzione di violarla nonostante l’antico monito inciso sulla soglia.
    Dalla stanza dell’ospedale dove con la moglie si trovava in stato di grave choc, Harmon inviò al vecchio am...

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    Last Post by Pharmd703 il 1 Nov. 2016
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  2. Assassinata da una morta
    La maledizione lanciata in tribunale da una nana vendicativa

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    La polizia non è ancora riuscita a venire a capo di uno dei casi più grotteschi di omicidio: il crimine infatti fu compiuto da una morta. Il crimine risaliva al periodo intorno al 1870, quando miss Ada Danforth e la sua piccola pupilla, Fanchon Moncare, si spostavano regolarmente via nave tra la Francia e New York. Miss Danforth era solita spiegare che Fanchon, rimasta orfana dopo che i genitori erano periti in un incendio, al compimento del diciottesimo anno d’età avrebbe ereditato una fortuna: nel frattempo Ada era la sua tutrice legale.
    Fanchon era adorabile nel fare l’inchino a ogni passeggero incuriosito per poi saltellare via con la sua bambola. Ma, ritornate nella loro cabina di lusso, l’infantile mascherata finiva. Il viso angelico di Fanchon si tramutava in una maschera di malvagità. Criticava sprezzante la propria “tutrice” con il linguaggio da bassifondi che aveva imparato nei quarantatrè duri anni della sua vita, dai primi giorni trascorsi come attrazione in un circo alla sua attuale carriera di ladra e contrabbandiera.
    Nonostante i frequenti litigi, la collaborazione tra le due donne era proficua. Mentre Ada si occupava dei bagagli, la piccola Fanchon – il cui vero nome era Estelle Ridley – passava la dogana saltellando e cullando la sua beneamata bambola. A nessuno veniva l’idea di fermarla.
    Arrivate a New York, le due salivano su un taxi per Chinatown, dove le attendeva un vecchio amico, Wing To. In una stanza posta sul retro si staccava la testa alla bambola e ne usciva una fortuna in gioielli – il frutto di mesi di furti nel continente europeo.
    Gli affari avrebbero potuto continuare per anni se non fosse accaduto un fatto nuovo: FAnchon si invischiò in una faida mortale con un’avvenente rivale, Magda Hamilton. Secondo i resoconti della polizia, il motivo della contesa era rappresentato dal cuore di Dartney Crawley, un abile giocatore d’azzardo.
    Magra infranse ogni regola della malavita diventando informatrice della polizia e le socie in malaffare, all’approdo a New York, trovarono un comitato d’accoglienza che le attendeva. Per la prima volta la bambola di Fanchon fu ispezionata e, qualche minuto dopo, le due erano in viaggio per il famigerato carcere di Tombs.
    La nana, con una fedina penale impressionante, fu condotta all’ergastolo. Ada, di dieci anni più giovane, fu condannata a vent’anni di carcere per complicità.
    Ma il momento più drammatico del processo vide Fanchon come protagonista. Quando intravide Magda che la osservava gongolante, seduta in un’affollatissima sala di tribunale, si alzò di scatto e lanciò con voce stridula il giuramento che un giorno avrebbe ucciso la traditrice.
    Magda coronò i suoi desideri sposando Dartney Crawley ma, sei mesi dopo, fu abbandonata dal marito che se ne andò a cercar fortuna nelle miniere della California. I termini del divorzio furono generosi per Magda, che diventò così una tranquilla benestante.
    La sua fortuna crebbe grazie ad abili investimenti, e divenne un...

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    Last Post by Aibux! il 9 Dec. 2014
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  3. Locandieri assassini
    Come Lazio preparò una tragica congiura

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    Nella cittadina di Tisakurt, in Ungheria, Lazio Kronberg, locandiere, e la moglie Susi hanno avuto in sorte una vita veramente triste.
    Era il 1919 e la coppia aveva speso ogni avere per mantenere la locanda aperta durante la Grande Guerra. Ma a quel punto avevano appena di che sfamarsi.
    A questa si aggiunsero altre disgrazie. La loro unica figlia era fuggita a Budapest, dove si diceva facesse la vita. Anche il figlio maggiore Nicholas se n’era andato, all’età di nove anni, dopo che Lazio l’aveva frustato per una bocciatura. Gli altri due figli erano caduti in guerra.
    Sera dopo sera la coppia se ne stava a discutere: ma i due non riuscivano a intravedere vie d’uscita alla loro disperazione. Giunsero perciò a una sinistra conclusione: uccidere per profitto.
    Gli omicidi vennero scrupolosamente preparati. Lazio scavò nel bosco un fossato profondo poco meno di due metri. Lo riempì di calce viva, pronto a rispondere, a chi glielo chiedesse, che stava progettando di costruire una rimessa. Susi acquistò alla drogheria del paese un sacchettino marrone di cristalli di stricnina, ufficialmente per avvelenare i lupi, come disse al negoziante.
    Tra il 1919 e il 1921 dieci persone esalarono l’ultimo respiro nella locanda dei Kronberg. Per tutti la cena era stata innaffiata da buon vino, seguito da una bottiglia di un’annata specialissima... corretta con un po’ di stricnina. Via via che il bottino aumentava, la coppia divenne più prudente. La vittima successiva sarebbe stata l’ultima, quindi la fossa di calce viva sarebbe stata chiusa per sempre.
    L’occasione arrivò il 14 agosto 1922: si trattava di un trentacinquenne grasso e gioviale, che portava con sé una borsa così pesante da contenere certamente delle monete d’oro. Era un venditore affermato alla ricerca di un buon apprezzamento per investirvi i propri soldi.
    Quando Susi preparò la cena e Lazio la servì in tavola, l’ospite insistette che anche loro si accomodassero a tavola con lui. E lo dovevano chiamare Fortunato. Per tutto il tempo passato allegramente assieme, l’ospite raccontò dei propri viaggi e tale era la sua simpatia che i Kronberg erano restii a ucciderlo. Ma andava fatto, e alla fine Susi mise in tavola la bottiglia di vino “speciale”.
    Il loro corpulento ospite esalò l’ultimo respiro appena vuotato il bicchiere, tra le convulsioni, con le labbra rovesciate nella smorfia tipica dell’avvelenamento da stricnina.
    Nella stanza di Fortunato i due rovistarono nella valigia e si accorsero immediatamente d’aver avuto ragione. Nella borsa c’era una fortuna in monete d’oro. Con le mani tremanti, Lazio frugò nelle tasche del cadavere e notò qualcos’altro: una foto sua e della moglie!
    I due si guardarono negli occhi, pietrificati dall’orrore e dal dolore. Avevano ucciso il figlio scomparso da tempo. Lasciarono l’oro dov’era e ritornarono nella sala da pranzo, dove Nicholas giaceva abbandonato sul tavolo. Scrissero una breve confessione, quindi si sedettero a tavola con lui. T...

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    Last Post by Aibux! il 7 Dec. 2014
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  4. Cappio per uno strangolatore

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    George Gaffney era un ladruncolo di poco conto. Agiva a Soho, il malfamato quartiere a luci rosse di Londra, nei primi anni di questo secolo. Non aveva mai commesso crimini gravi, eccetto uno, che si rivelò il più grave di tutti.
    Il 1° marzo del 1910 Gaffney fu attratto da una strana corda di seta intrecciata lunga poco meno di un metro vista su una bancarella: riconobbe la corda usata dalla setta indiana dei Thug per uccidere le loro vittime.
    Gaffbey l’acquistò. Due settimane dopo la usò...
    Da tempo il ladruncolo era impensierito da una giovane di nome Bessie Graves che, essendo incinta, gli chiedeva con insistenza nozze riparatrici. Gaffney però l’aveva corteggiata con il falso nome di Arthur Eames. A un certo punto gli si era presentata un’occasione ben più ghiotta: un’attempata ma ricca vedova, di nome Stella Fortney.
    Gli investigatori di Scotland Yard, chiamati dalla padrona di casa in preda a una crisi isterica, trovarono Bessie Graves strangolata, con la corda talmente stretta al collo che era penetrata nella carne. L’unico indizio era il nome del probabile strangolatore, Arthug Eames.
    Era ben poco perché Scotland Yard potesse continuare le indagini, quindi tre settimane dopo Gaffney era ancora uccel di bosco, libero soprattutto di continuare la tresca con la vedova.
    Una sera ebbe l’idea di presentarsi alla vedova, per fare colpo, con una piccola carrozza a due posti. Un momento più tardi si udì un urlo. Nella semioscurità della carrozza apparve Bessie Graves, seduta accanto a lui. Gli occhi vitrei della ragazza morta fissavano quelli di George, mentre la lingua tumefatta penzolava dalla bocca.
    Per una settimana Gaffney cercò di annegare nell’alcol la sua disperazione; poi si recò di nuovo da Stella. L’accoglienza fu ben lungi dall’essere calorosa, ma l’atmosfera si stemperò quando Gaffney le porse un anello di diamanti che aveva rubato. Aprirono una bottiglia di champagne e, dopo averla finita, la vedova chiese a Gaffney di scendere in cantina a prenderne un’altra. Aiutandosi con la lampada a petrolio, era arrivato a metà scale quando, dall’oscurità, emerse Bessie Graves.
    La corda un po’ allentata le pendeva dal collo come una collana, ma gli occhi che lo fissavano erano terrificanti. Gaffney urlando le lanciò contro la lampada, ma ruzzolò rovinosamente in fondo alle scale.
    Rimase tre settimane in ospedale. Dimesso, decise che c’era un solo modo per liberarsi del fantasma che lo perseguitava. Se avesse lasciato per sempre l’Inghilterra, forse Bessie Graves non l’avrebbe più tormentato. Acquistò quindi un biglietto per il Quebec sulla nave di linea Montrose.
    Con rinnovata speranza decise di passare la notte prima della partenza in un piccolo albergo. Ma nella semioscurità della stanza intravide Bessie.
    Questa volta, liberatasi completamente del cappio, lo tendeva a Gaffney. Senza opporre resistenza egli lo prese dalle sue dita chiuse ad artiglio. Quando Gaffney alzò lo sguardo, Bessie era scomparsa. Ma il m...

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    Last Post by Aibux! il 6 Dec. 2014
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  5. Il demone in fasce
    La vendetta di una vittima “cannibalizzata”

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    Quando il panfilo britannico a vela quadra Pierrot affondò nell’Atlantico nel luglio del 1884, riuscirono a salvarsi solo quattro persone. I naufraghi, stipati in una scialuppa malconcia, vagarono alla deriva per venticinque giorni. Erano ormai prossimi alla morte per fame e sfinimento, quando il capitano Edwin Rutt avanzò una proposta estrema e disperata.
    Avrebbero tirato a sorte chi doveva essere mangiato.
    Due marinai erano d’accordo con Rutt, ma il diciottenne Dick Tomlin, il più giovane dell’equipaggio, si oppose, affermando che piuttosto che mangiare carne umana avrebbe preferito morire.
    Fu la sua resistenza a deciderne la sorte. Alla prima occasione Rutt affondò il pugnale nel collo di Tomlin mentre dormiva.
    L’ufficiale in seconda Josh Dudley e il marinaio Will Hoon non ebbero alcuno scrupolo a farsi cannibali. Quattro giorni dopo vennero salvati dal panfilo Gelert; la carne del ragazzo aveva fornito loro il sostentamento.
    Inorridito, il capitano del Gellert si rifiutò decisamente di consegnare i miseri resti al mare. Il corpo della vittima, nascosto sotto una cerata, accompagnò così i tre sopravvissuti fino al porto di Falmouth in Cornovaglia.
    I tre vennero processati e infine condannati per omicidio. Ma il ministro degli Interni decise che gli orrori erano stati anche troppi e commutò la pena a sei mesi di carcere. Nessuno poteva immaginare invece che l’orrore stava iniziando proprio allora. Una volta usciti di prigione, il futuro che li attendeva era assai triste. Josh Dudley per campare trovò lavoro come carrettiere. Due settimane dopo, in una strada di Londra avvolta nella nebbia, qualcosa si parò di fronte ai cavalli; gli animali, imbizzarriti, scaraventarono sul selciato Dudley e l’uomo batté violentemente la testa. Secondo alcuni testimoni, quel “qualcosa” era una figura avvolta da capo a piedi in bende insanguinate. Dopo la morte di Dudley, la figura scomparve misteriosamente.
    Il capitano Rutt, in preda al terrore, si mise a frequentare le bettole di Soho alla ricerca di Will Hoon. Il vecchio lupo di mare era abbrutito dall’alcol e male in arnese. Rutt gli raccontò che qualche parente di Tomlin, spinto dalla sete di vendetta, si travestiva da fantasma del giovane e supplicò Hoon di aiutarlo a stanare l’impostore. Ma tutto quello che Hoon desiderava era altro gin e, in preda ormai al delirio, fu portato ino un ospedale di carità, dove morì in un accesso di convulsioni disperate. I testimoni raccontarono successivamente di aver visto un altro paziente “completamente bendato” che teneva fermo Hoon, nel tentativo forse di confortarlo. Quel paziente poi scomparve.
    Ormai in preda al terrore, Rutt si recò alla polizia. Anche qui i suoi racconti di “figure avvolte in fasce” furono sbeffeggiati, ma considerando lo stato mentale in cui versava il capitano, gli venne offerto di passare la notte in cella.
    Rutt accettò di buon grado, controllando per bene che la cella venisse chiusa a chiave. La cella si trovava nella...

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    Last Post by Aibux! il 5 Dec. 2014
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  6. L’anello di eliotropia
    Una mano mozzata smaschera l’omicida

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    Un vento impetuoso sferzava il piccolo villaggio inglese di Willisham: le tegole volavano dai tetti, i rami spezzati cadevano a terra. Un brivido percorse un’antica quercia che, colpita da una raffica rabbiosa, cadde al suolo, sradicata.
    Gli abitanti del villaggio, accorsi per assicurarsi non vi fossero feriti, rimasero inorriditi di fronte allo spettacolo: dalle radici contorte affioravano resti umani.
    Venne chiamato l’unico poliziotto della piccola comunità dell’East Anglia, l’agente Klug, il quale ordinò che il corpo venisse esumato da quell’insolita tomba. Al dito di una mano smembrata brillava un anello. Agendo d’impulso, l’agente, d’aspetto lugubre, consegnò il misero resto a Ellen Grey, sorella di una ragazza scomparsa misteriosamente diciotto anni prima, nel 1873. Ellen, alla vista della mano, lanciò un grido e strinse al petto la sinistra reliquia.
    “È la mano di Mary”, disse tra i singhiozzi. “L’anello di eliotropia è stato il mio regalo di nozze. Era nata in marzo e questa era la sua pietra.”
    Klug comprese tutto. Anche se il caso era avvenuto molto tempo prima del suo arrivo, per la sua notorietà era divenuto oggetto di una ballata popolare.
    Al compimento del diciottesimo anno d’età, Mary Grey aveva sposato Basil Osborne ma, prima di compiere il gran passo, aveva inviato una lettera a John Bodneys, l’ex fidanzato, per chiedergli perdono.
    Un’ora prima che lo sposo venisse a prenderla per condurla in viaggio di nozze, Mary confidò alla sorella di voler restare sola qualche momento nella stanza che avevano per tanto tempo condiviso. Quando Osborne arrivò con la carrozza, non era ancora scesa. Insospettiti e preoccupati, forzarono la porta chiusa a chiave, ma della sposa non v’era alcuna traccia.
    La finestra della stanza dava su un terrazzo da cui, per una scalinata, si scendeva in un giardino chiuso. Ma anche il giardino era vuoto.
    Lo sposo derelitto morì un mese dopo. Di crepacuore, si disse nel villaggio.
    Trascorsi diciotto anni, il villaggio veniva a sapere cosa ne era stato di Mary: lo scheletro aveva il collo spezzato! Ellen si rifiutò di consegnare la mano della sorella. Le era stata restituita per uno scopo ben preciso, spiegò. E lo scopo andava raggiunto.
    Alla sua morte lasciò nel testamento una bizzarra disposizione. La casa andava in eredità alla governante, Maggie Williams, ma la mano doveva far mostra di sé in un locale pubblico “per poter un giorno svelare l’omicida”.
    Maggie aprì quello che in breve diventò il pub più elegante di Willisham e riservò alla mano un posto d’onore su una parete. Racchiusa in una teca di vetro, adagiata sul velluto nero, la mano con l’anello attirava l’attenzione di tutti.
    Scemata l’iniziale sorpresa, l’omicidio di Mary era comunque argomento di conversazione fra gli avventori. Una burrascosa sera di marzo del 1895 un forestiero se ne stava seduto ad ascoltare la conversazione.
    “Deve essere stato in una notte come questa che il vento ha sradicato quella vec...

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    Last Post by Aibux! il 4 Dec. 2014
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  7. Modificazioni di coscienza

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    MODIFICAZIONI DI COSCIENZA


    “E’ nelle visioni che il prigioniero sfugge e contempla
    le schegge del paese che esiste fuori dalla cella”
    (V.)
    “Almeno due volte al giorno ognuno di noi ha una esperienza metafisica:
    al momento del risveglio e quando si assopisce.
    L’esperienza metafisica è il momento di comunione col tutto,
    quando l’individuo dimentica la propria biografia, le illusione della storia,
    della propria stessa identità, della propria decadenza
    e partecipa del respiro universale”
    (Ellemire Zolla)
    Viviamo noi forse nel tempo e nello spazio?
    Sì, ma solo in parte.
    (V)


    ipnosi


    Inutile aspettarsi da Jung che tratti le modificazioni di coscienza, le definisca, le cataloghi o ci dica in proposito qualcosa di esplicativo. Nulla di più lontano di lui di questo. Ne dobbiamo parlare solo perché fanno parte della sua esperienza e costituiscono una dimensione senza la quale non potrebbe esistere nemmeno il suo pensiero. Su questi stati, al più, possiamo trarre noi delle ipotesi, e posso fare questo tentativo io, come soggetto che di stati modificati di coscienza in un lungo arco di tempo ne ha avuto parecchi, ma quello che diremo vale solo come ipotesi.
    Mi sono sempre meravigliata del fatto che molti interpreti di Jung escludano intenzionalmente la sua natura di sensitivo, evitando di parlarne come fosse qualcosa di inopportuno e imbarazzante.
    Io ritengo, al contrario, che proprio dalla sensitività di Jung discenda la sua visione della psiche e dell’universo, una metafisica che dipende da precise esperienze di carattere paranormale, per cui il suo pensiero può essere meglio compreso da chi ha avuto esperienze simili mentre rimane ostico a chi aderisce a una visione materialistica e limitata della realtà.
    Sul fatto che Jung sia stato un sensitivo e un medium naturale non ci sono dubbi. La dote gli arriva dalla madre e dal nonno materno, quello che una volta la settimana parlava con la prima moglie defunta. Fin da piccolo, Jung si trovò accanto a una madre che cambiava personalità e la notte si trasformava in modo inquietante, spaventando il bambino con predizioni e apparizioni e che anche di giorno poteva avere momenti di trance in cui parlava da oscure lontananze.
    Jung bambino è già un ipersensibile molto dotato, portato ai discorsi filosofici e in grado di ricordare vite precedenti. Questa apertura sull’al di là gli resta per tutta la vita. Telepatia, preveggenza, sogni premonitori, profezia, capacità di prevedere lo schema dei suoi pazienti o addirittura di raccontarne la vita senza conoscerli, apparizioni fantasmatiche, movimenti autonomi di oggetti nella stan...

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    Last Post by *ROS* il 23 Dec. 2012
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  8. Profezie a confronto

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    Profezie a confronto


    profezie-che-si-autoavverano-L-hHVsq3
    Un'antologia dei vari messaggi profetici nel mondo, sul link:
    http://62.75.141.31/ar2/segni-vari.html

    Last Post by *ROS* il 16 Dec. 2012
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  9. Non aprite...quella porta


    LAM - Colui che va

    Una possibile genesi del fenomeno UFO

    di Carlo Barbera

    lam


    Lo scopo di questo articolo è quello di esaminare l’idea che il fenomeno UFO, iniziato “ufficialmente” nel 1947 con l’avvistamento di Kenneth Arnolds sulle Cascade Mountains, fu causato deliberatamente da una serie di operazioni magiche compiute da alcuni occultisti. Più di cinquant’anni dopo, il fenomeno UFO è ancora attivamente incoraggiato da alcune società iniziatiche al fine di utilizzare la conoscenza extraterrestre per guidare il corso dell’evoluzione umana.

    L’Operazione Amalantrah
    Il nome Aleister Crowley è sinonimo di società segrete ed operazioni magiche. Riverito nei circoli occultistici come maestro di Alta Magia e materie occulte, il suo nome ancora evoca veementi orrori nelle menti di alcuni, che vedono Crowley come la personificazione dell’Anticristo. Sicuramente maestro nel pubblicizzare se stesso e nelle sue posizioni anti-establishment, egli adottò il 666 come proprio numero magico ed abbracciò positivamente l’epiteto greco di “To Mega Therion”, (La Grande Bestia), termine del resto che fu usato nella sua infanzia anche dalla madre membra come tutta la sua famiglia dei Plymouth Brethren, una setta inglese fondamentalista cristiana, per definire il figlio degenere, e poi dall’opinione pubblica e dall’ignorante e bigotta stampa Britannica che si scagliarono contro le sue idee ed i suoi comportamenti rivoluzionari, marchiandolo come “The wickedest man in the world”(L’uomo più vizioso del mondo).
    Poeta, Autore, Mago, Yogi, Filosofo, Alpinista, utilizzatore di droghe e Satiro, la produzione magica, artistica e letteraria di Crowley fu straordinariamente prolifica e la sua esistenza assolutamente edonistica.
    La sua eredità attrae tutt’oggi molti nuovi adepti ed alla sua immagine irriverente è rivolta ancora la fedeltà e la fede di molti.

    Vi potete chiedere cosa abbia a che fare con gli extraterrestri un Mago Ermetico e membro di alto rango di diverse società iniziatiche (Massoneria, Golden Dawn, A.’.A.’., O.T.O.).
    La risposta si trova in un disegno realizzato dallo stesso Crowley nel 1918. Esso mostra un’intelligenza aliena con cui egli entrò in contatto durante una serie di evocazioni ...

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    Last Post by *ROS* il 14 Nov. 2012
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  10. Lo Sfidante: il predatore interiore


    Lo Sfidante


    lo-sfidante


    Ogni essere umano che appare in vita sul nostro meraviglioso pianeta Terra ha diritto ad una vita piena, felice, intensa, che gli permetta di esprimersi nella sua unicità irripetibile, che gli porti il dono della Saggezza, e che gli
    permetta di contribuire fattivamente al miglioramento delle condizioni di vita dell'intera comunità umana.
    Questo diritto, questo naturale retaggio ad una vita maestosa, gli è stato offuscato.
    Ma da che cosa?
    Che cosa si frappone tra noi e la vita che desideriamo, i sogni che vogliamo realizzare, la pace che desideriamo raggiungere? Siamo stati condizionati a credere che qualcosa di esterno a noi stessi sia la causa della nostra infelicità, ma non è così. Qualcosa che agisce dentro di noi scatena al di fuori quell'inferno dal quale vogliamo fuggire, ma di cui non riusciamo a privarci. Qualcosa di cui spesso non conosciamo nemmeno l'esistenza, perchè nessuno ci ha mai spiegato dove guardare; tranne, naturalmente, tutte le tradizioni di ricerca interiore che hanno un fondamento nella Verità, perchè tutte, senza alcuna eccezione, indicano da sempre l'esatto punto dove guardare e l'esatto modo di liberarsi.
    Un insieme di Forze agiscono su ogni essere umano al fine di depotenziarlo e renderlo timoroso, debole, dubbioso, attaccato emozionalmente ad abitudini dannose, e portato ad indugiare invece che ad agire. Questo insieme di Forze è sostenuto dalla nostra non conoscenza dei mezzi che esse usano per depotenziarci, ma può essere inattivato per consentire finalmente alla Consapevolezza che alberga in noi di dispiegarsi verso ciò che è realmente.
    Questo insieme di Forze è ciò che in questo film documentario identifichiamo con Lo Sfidante. Un termine di comodo, un segnale indicatore. Verso una realtà che è giunto il momento di svelare e diffondere.
    Nel film, vedremo in che modo Lo Sfidante ci depotenzia, quali sono i mezzi che utilizza per farlo, e una possibile via di azione che ci porti a liberarci dalla sua nefasta interazione con noi...

    Un film prodotto da "MareNectaris" di Giulio Achilli [...]

    [Ndr] E' possibile visionare il film-documentario diviso in 21 parti al link: www.youtube.com/watch?v=gv5SGBAFNt8
    o per intero (3h30') al link: www.youtube.com/watch?v=evWvTAb1BIU&feature=related


    Fonte: Youtube (postato da Vito Maggi)
    Last Post by *ROS* il 17 Oct. 2012
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