1. La mano della mummia

    Il conte Louis Hamon aveva fama di occultista e guaritore. Spesso i suoi clienti in segno di gratitudine gli facevano dono degli oggetti più disparati. Ma il dono più strano fu per lui fonte di guai.
    Durante una visita a Luxor, nel 1890, Hamon guarì dalla malaria un potente sceicco. Questi volle a tutti i costi che Hamon accettasse in dono un sinistro oggetto, la mano destra mummificata di una principessa egiziana.
    Fin dal primo istante la moglie del conte provò ripugnanza per quella mano rinsecchita e raggrinzita. Ma la sua avversione si tramutò in orrore quando ne conobbe la storia. Il faraone Akhnaton, il suocero di Tutankhamon che attuò una vera e propria rivoluzione religiosa, durante il suo diciassettesimo e ultimo anno di regno ebbe contrasti molto accesi con la figlia in materia di religione. La sua vendetta fu sinistra.
    Nel 1357 a.C. ordinò ai suoi sacerdoti di usare violenza alla figlia e, quindi, di ucciderla. Le fu in seguito mozzata la mano destra che venne sepolta in un luogo segreto nella Valle dei Re. Il popolo egiziano era sgomento, perché alla giovane sarebbe stato precluso il paradiso, dato che il suo corpo non era intatto al momento della sepoltura.
    Hamon avrebbe preferito donare la reliquia a un museo, ma nessun direttore era disposto ad accettarla. Decise allora di conservarla in una cassaforte nella sua casa di Londra.
    Nell’ottobre del 1922 il conte e la moglie riaprirono la cassaforte, ma si ritrassero inorriditi. La mano della giovane assassinata era mutata: rugosa e mummificata per 3200 anni, stava ora riacquistando un aspetto vivo. La contessa urlando disse che bisognava liberarsene. Hamon, pur non avendo mai provato timore dell’ignoto, fu per una volta d’accordo con lei.
    Solo su un punto fu irremovibile: si doveva riservare alla reliquia il miglior funerale possibile. Tutto era pronto per la sera del 31 ottobre 1922, la notte di Halloween.
    In una lettera Hamon raccontò all’archeologo Lord Carnarvon, suo vecchio amico, di aver posto con delicatezza la mano nel camino e di aver letto a voce alta un brano dal Libro dei Morti. Alle ultime parole un tuono squassò la casa che piombò nel buio più completo. Una raffica di vento spalancò improvvisamente la porta.
    Hamon e la moglie furono sbattuti a terra, un freddo polare invase la stanza. Alzando lo sguardo videro una figura di donna. Secondo il racconto di Hamon “era abbigliata alla foggia dell’Antico Egitto, con il serpente della casata dei Faraoni che spiccava sul copricapo”. Il braccio destro terminava in un moncone.
    L’apparizione si avvicinò al camino e svanì così come era sopraggiunta. Anche la mano mozzata era scomparsa, né fu più rivista.
    Quattro giorni dopo Hamon seppe della scoperta della tomba di Tutankhamon da parte della spedizione di Carnrvon, e della sua intenzione di violarla nonostante l’antico monito inciso sulla soglia.
    Dalla stanza dell’ospedale dove con la moglie si trovava in stato di grave choc, Harmon inviò al vecchio am...

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    Last Post by Pharmd703 il 1 Nov. 2016
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  2. Assassinata da una morta
    La maledizione lanciata in tribunale da una nana vendicativa

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    La polizia non è ancora riuscita a venire a capo di uno dei casi più grotteschi di omicidio: il crimine infatti fu compiuto da una morta. Il crimine risaliva al periodo intorno al 1870, quando miss Ada Danforth e la sua piccola pupilla, Fanchon Moncare, si spostavano regolarmente via nave tra la Francia e New York. Miss Danforth era solita spiegare che Fanchon, rimasta orfana dopo che i genitori erano periti in un incendio, al compimento del diciottesimo anno d’età avrebbe ereditato una fortuna: nel frattempo Ada era la sua tutrice legale.
    Fanchon era adorabile nel fare l’inchino a ogni passeggero incuriosito per poi saltellare via con la sua bambola. Ma, ritornate nella loro cabina di lusso, l’infantile mascherata finiva. Il viso angelico di Fanchon si tramutava in una maschera di malvagità. Criticava sprezzante la propria “tutrice” con il linguaggio da bassifondi che aveva imparato nei quarantatrè duri anni della sua vita, dai primi giorni trascorsi come attrazione in un circo alla sua attuale carriera di ladra e contrabbandiera.
    Nonostante i frequenti litigi, la collaborazione tra le due donne era proficua. Mentre Ada si occupava dei bagagli, la piccola Fanchon – il cui vero nome era Estelle Ridley – passava la dogana saltellando e cullando la sua beneamata bambola. A nessuno veniva l’idea di fermarla.
    Arrivate a New York, le due salivano su un taxi per Chinatown, dove le attendeva un vecchio amico, Wing To. In una stanza posta sul retro si staccava la testa alla bambola e ne usciva una fortuna in gioielli – il frutto di mesi di furti nel continente europeo.
    Gli affari avrebbero potuto continuare per anni se non fosse accaduto un fatto nuovo: FAnchon si invischiò in una faida mortale con un’avvenente rivale, Magda Hamilton. Secondo i resoconti della polizia, il motivo della contesa era rappresentato dal cuore di Dartney Crawley, un abile giocatore d’azzardo.
    Magra infranse ogni regola della malavita diventando informatrice della polizia e le socie in malaffare, all’approdo a New York, trovarono un comitato d’accoglienza che le attendeva. Per la prima volta la bambola di Fanchon fu ispezionata e, qualche minuto dopo, le due erano in viaggio per il famigerato carcere di Tombs.
    La nana, con una fedina penale impressionante, fu condotta all’ergastolo. Ada, di dieci anni più giovane, fu condannata a vent’anni di carcere per complicità.
    Ma il momento più drammatico del processo vide Fanchon come protagonista. Quando intravide Magda che la osservava gongolante, seduta in un’affollatissima sala di tribunale, si alzò di scatto e lanciò con voce stridula il giuramento che un giorno avrebbe ucciso la traditrice.
    Magda coronò i suoi desideri sposando Dartney Crawley ma, sei mesi dopo, fu abbandonata dal marito che se ne andò a cercar fortuna nelle miniere della California. I termini del divorzio furono generosi per Magda, che diventò così una tranquilla benestante.
    La sua fortuna crebbe grazie ad abili investimenti, e divenne un...

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    Last Post by Aibux! il 9 Dec. 2014
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  3. Cappio per uno strangolatore

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    George Gaffney era un ladruncolo di poco conto. Agiva a Soho, il malfamato quartiere a luci rosse di Londra, nei primi anni di questo secolo. Non aveva mai commesso crimini gravi, eccetto uno, che si rivelò il più grave di tutti.
    Il 1° marzo del 1910 Gaffney fu attratto da una strana corda di seta intrecciata lunga poco meno di un metro vista su una bancarella: riconobbe la corda usata dalla setta indiana dei Thug per uccidere le loro vittime.
    Gaffbey l’acquistò. Due settimane dopo la usò...
    Da tempo il ladruncolo era impensierito da una giovane di nome Bessie Graves che, essendo incinta, gli chiedeva con insistenza nozze riparatrici. Gaffney però l’aveva corteggiata con il falso nome di Arthur Eames. A un certo punto gli si era presentata un’occasione ben più ghiotta: un’attempata ma ricca vedova, di nome Stella Fortney.
    Gli investigatori di Scotland Yard, chiamati dalla padrona di casa in preda a una crisi isterica, trovarono Bessie Graves strangolata, con la corda talmente stretta al collo che era penetrata nella carne. L’unico indizio era il nome del probabile strangolatore, Arthug Eames.
    Era ben poco perché Scotland Yard potesse continuare le indagini, quindi tre settimane dopo Gaffney era ancora uccel di bosco, libero soprattutto di continuare la tresca con la vedova.
    Una sera ebbe l’idea di presentarsi alla vedova, per fare colpo, con una piccola carrozza a due posti. Un momento più tardi si udì un urlo. Nella semioscurità della carrozza apparve Bessie Graves, seduta accanto a lui. Gli occhi vitrei della ragazza morta fissavano quelli di George, mentre la lingua tumefatta penzolava dalla bocca.
    Per una settimana Gaffney cercò di annegare nell’alcol la sua disperazione; poi si recò di nuovo da Stella. L’accoglienza fu ben lungi dall’essere calorosa, ma l’atmosfera si stemperò quando Gaffney le porse un anello di diamanti che aveva rubato. Aprirono una bottiglia di champagne e, dopo averla finita, la vedova chiese a Gaffney di scendere in cantina a prenderne un’altra. Aiutandosi con la lampada a petrolio, era arrivato a metà scale quando, dall’oscurità, emerse Bessie Graves.
    La corda un po’ allentata le pendeva dal collo come una collana, ma gli occhi che lo fissavano erano terrificanti. Gaffney urlando le lanciò contro la lampada, ma ruzzolò rovinosamente in fondo alle scale.
    Rimase tre settimane in ospedale. Dimesso, decise che c’era un solo modo per liberarsi del fantasma che lo perseguitava. Se avesse lasciato per sempre l’Inghilterra, forse Bessie Graves non l’avrebbe più tormentato. Acquistò quindi un biglietto per il Quebec sulla nave di linea Montrose.
    Con rinnovata speranza decise di passare la notte prima della partenza in un piccolo albergo. Ma nella semioscurità della stanza intravide Bessie.
    Questa volta, liberatasi completamente del cappio, lo tendeva a Gaffney. Senza opporre resistenza egli lo prese dalle sue dita chiuse ad artiglio. Quando Gaffney alzò lo sguardo, Bessie era scomparsa. Ma il m...

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    Last Post by Aibux! il 6 Dec. 2014
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  4. Il demone in fasce
    La vendetta di una vittima “cannibalizzata”

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    Quando il panfilo britannico a vela quadra Pierrot affondò nell’Atlantico nel luglio del 1884, riuscirono a salvarsi solo quattro persone. I naufraghi, stipati in una scialuppa malconcia, vagarono alla deriva per venticinque giorni. Erano ormai prossimi alla morte per fame e sfinimento, quando il capitano Edwin Rutt avanzò una proposta estrema e disperata.
    Avrebbero tirato a sorte chi doveva essere mangiato.
    Due marinai erano d’accordo con Rutt, ma il diciottenne Dick Tomlin, il più giovane dell’equipaggio, si oppose, affermando che piuttosto che mangiare carne umana avrebbe preferito morire.
    Fu la sua resistenza a deciderne la sorte. Alla prima occasione Rutt affondò il pugnale nel collo di Tomlin mentre dormiva.
    L’ufficiale in seconda Josh Dudley e il marinaio Will Hoon non ebbero alcuno scrupolo a farsi cannibali. Quattro giorni dopo vennero salvati dal panfilo Gelert; la carne del ragazzo aveva fornito loro il sostentamento.
    Inorridito, il capitano del Gellert si rifiutò decisamente di consegnare i miseri resti al mare. Il corpo della vittima, nascosto sotto una cerata, accompagnò così i tre sopravvissuti fino al porto di Falmouth in Cornovaglia.
    I tre vennero processati e infine condannati per omicidio. Ma il ministro degli Interni decise che gli orrori erano stati anche troppi e commutò la pena a sei mesi di carcere. Nessuno poteva immaginare invece che l’orrore stava iniziando proprio allora. Una volta usciti di prigione, il futuro che li attendeva era assai triste. Josh Dudley per campare trovò lavoro come carrettiere. Due settimane dopo, in una strada di Londra avvolta nella nebbia, qualcosa si parò di fronte ai cavalli; gli animali, imbizzarriti, scaraventarono sul selciato Dudley e l’uomo batté violentemente la testa. Secondo alcuni testimoni, quel “qualcosa” era una figura avvolta da capo a piedi in bende insanguinate. Dopo la morte di Dudley, la figura scomparve misteriosamente.
    Il capitano Rutt, in preda al terrore, si mise a frequentare le bettole di Soho alla ricerca di Will Hoon. Il vecchio lupo di mare era abbrutito dall’alcol e male in arnese. Rutt gli raccontò che qualche parente di Tomlin, spinto dalla sete di vendetta, si travestiva da fantasma del giovane e supplicò Hoon di aiutarlo a stanare l’impostore. Ma tutto quello che Hoon desiderava era altro gin e, in preda ormai al delirio, fu portato ino un ospedale di carità, dove morì in un accesso di convulsioni disperate. I testimoni raccontarono successivamente di aver visto un altro paziente “completamente bendato” che teneva fermo Hoon, nel tentativo forse di confortarlo. Quel paziente poi scomparve.
    Ormai in preda al terrore, Rutt si recò alla polizia. Anche qui i suoi racconti di “figure avvolte in fasce” furono sbeffeggiati, ma considerando lo stato mentale in cui versava il capitano, gli venne offerto di passare la notte in cella.
    Rutt accettò di buon grado, controllando per bene che la cella venisse chiusa a chiave. La cella si trovava nella...

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    Last Post by Aibux! il 5 Dec. 2014
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  5. L’anello di eliotropia
    Una mano mozzata smaschera l’omicida

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    Un vento impetuoso sferzava il piccolo villaggio inglese di Willisham: le tegole volavano dai tetti, i rami spezzati cadevano a terra. Un brivido percorse un’antica quercia che, colpita da una raffica rabbiosa, cadde al suolo, sradicata.
    Gli abitanti del villaggio, accorsi per assicurarsi non vi fossero feriti, rimasero inorriditi di fronte allo spettacolo: dalle radici contorte affioravano resti umani.
    Venne chiamato l’unico poliziotto della piccola comunità dell’East Anglia, l’agente Klug, il quale ordinò che il corpo venisse esumato da quell’insolita tomba. Al dito di una mano smembrata brillava un anello. Agendo d’impulso, l’agente, d’aspetto lugubre, consegnò il misero resto a Ellen Grey, sorella di una ragazza scomparsa misteriosamente diciotto anni prima, nel 1873. Ellen, alla vista della mano, lanciò un grido e strinse al petto la sinistra reliquia.
    “È la mano di Mary”, disse tra i singhiozzi. “L’anello di eliotropia è stato il mio regalo di nozze. Era nata in marzo e questa era la sua pietra.”
    Klug comprese tutto. Anche se il caso era avvenuto molto tempo prima del suo arrivo, per la sua notorietà era divenuto oggetto di una ballata popolare.
    Al compimento del diciottesimo anno d’età, Mary Grey aveva sposato Basil Osborne ma, prima di compiere il gran passo, aveva inviato una lettera a John Bodneys, l’ex fidanzato, per chiedergli perdono.
    Un’ora prima che lo sposo venisse a prenderla per condurla in viaggio di nozze, Mary confidò alla sorella di voler restare sola qualche momento nella stanza che avevano per tanto tempo condiviso. Quando Osborne arrivò con la carrozza, non era ancora scesa. Insospettiti e preoccupati, forzarono la porta chiusa a chiave, ma della sposa non v’era alcuna traccia.
    La finestra della stanza dava su un terrazzo da cui, per una scalinata, si scendeva in un giardino chiuso. Ma anche il giardino era vuoto.
    Lo sposo derelitto morì un mese dopo. Di crepacuore, si disse nel villaggio.
    Trascorsi diciotto anni, il villaggio veniva a sapere cosa ne era stato di Mary: lo scheletro aveva il collo spezzato! Ellen si rifiutò di consegnare la mano della sorella. Le era stata restituita per uno scopo ben preciso, spiegò. E lo scopo andava raggiunto.
    Alla sua morte lasciò nel testamento una bizzarra disposizione. La casa andava in eredità alla governante, Maggie Williams, ma la mano doveva far mostra di sé in un locale pubblico “per poter un giorno svelare l’omicida”.
    Maggie aprì quello che in breve diventò il pub più elegante di Willisham e riservò alla mano un posto d’onore su una parete. Racchiusa in una teca di vetro, adagiata sul velluto nero, la mano con l’anello attirava l’attenzione di tutti.
    Scemata l’iniziale sorpresa, l’omicidio di Mary era comunque argomento di conversazione fra gli avventori. Una burrascosa sera di marzo del 1895 un forestiero se ne stava seduto ad ascoltare la conversazione.
    “Deve essere stato in una notte come questa che il vento ha sradicato quella vec...

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    Last Post by Aibux! il 4 Dec. 2014
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