1. Il demone in fasce
    La vendetta di una vittima “cannibalizzata”

     
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    Quando il panfilo britannico a vela quadra Pierrot affondò nell’Atlantico nel luglio del 1884, riuscirono a salvarsi solo quattro persone. I naufraghi, stipati in una scialuppa malconcia, vagarono alla deriva per venticinque giorni. Erano ormai prossimi alla morte per fame e sfinimento, quando il capitano Edwin Rutt avanzò una proposta estrema e disperata.
    Avrebbero tirato a sorte chi doveva essere mangiato.
    Due marinai erano d’accordo con Rutt, ma il diciottenne Dick Tomlin, il più giovane dell’equipaggio, si oppose, affermando che piuttosto che mangiare carne umana avrebbe preferito morire.
    Fu la sua resistenza a deciderne la sorte. Alla prima occasione Rutt affondò il pugnale nel collo di Tomlin mentre dormiva.
    L’ufficiale in seconda Josh Dudley e il marinaio Will Hoon non ebbero alcuno scrupolo a farsi cannibali. Quattro giorni dopo vennero salvati dal panfilo Gelert; la carne del ragazzo aveva fornito loro il sostentamento.
    Inorridito, il capitano del Gellert si rifiutò decisamente di consegnare i miseri resti al mare. Il corpo della vittima, nascosto sotto una cerata, accompagnò così i tre sopravvissuti fino al porto di Falmouth in Cornovaglia.
    I tre vennero processati e infine condannati per omicidio. Ma il ministro degli Interni decise che gli orrori erano stati anche troppi e commutò la pena a sei mesi di carcere. Nessuno poteva immaginare invece che l’orrore stava iniziando proprio allora. Una volta usciti di prigione, il futuro che li attendeva era assai triste. Josh Dudley per campare trovò lavoro come carrettiere. Due settimane dopo, in una strada di Londra avvolta nella nebbia, qualcosa si parò di fronte ai cavalli; gli animali, imbizzarriti, scaraventarono sul selciato Dudley e l’uomo batté violentemente la testa. Secondo alcuni testimoni, quel “qualcosa” era una figura avvolta da capo a piedi in bende insanguinate. Dopo la morte di Dudley, la figura scomparve misteriosamente.
    Il capitano Rutt, in preda al terrore, si mise a frequentare le bettole di Soho alla ricerca di Will Hoon. Il vecchio lupo di mare era abbrutito dall’alcol e male in arnese. Rutt gli raccontò che qualche parente di Tomlin, spinto dalla sete di vendetta, si travestiva da fantasma del giovane e supplicò Hoon di aiutarlo a stanare l’impostore. Ma tutto quello che Hoon desiderava era altro gin e, in preda ormai al delirio, fu portato ino un ospedale di carità, dove morì in un accesso di convulsioni disperate. I testimoni raccontarono successivamente di aver visto un altro paziente “completamente bendato” che teneva fermo Hoon, nel tentativo forse di confortarlo. Quel paziente poi scomparve.
    Ormai in preda al terrore, Rutt si recò alla polizia. Anche qui i suoi racconti di “figure avvolte in fasce” furono sbeffeggiati, ma considerando lo stato mentale in cui versava il capitano, gli venne offerto di passare la notte in cella.
    Rutt accettò di buon grado, controllando per bene che la cella venisse chiusa a chiave. La cella si trovava nella sezione per i malati di mente, dove urla e strepiti di notte non erano insoliti.
    Ma quando alle tre di notte i poliziotti udirono le urla del capitano, ben diverse dalle altre, i carcerieri si precipitarono. Aprirono la cella sul giaciglio scorsero Rutt disteso con le ginocchia piegate al petto, gli occhi sbarrati, due biglie di vetro.
    I poliziotti increduli trovarono stretti fra le dita brandelli di cotone: bende imbrattate di sangue.
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