1. Alieni killer

     
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    La caratteristica più curiosa degli UFO è la loro estrema timidezza. Molti di loro hanno enormi poteri e sono in grado di attraversare l’universo, ma appena vedono una macchina fotografica scappano a gambe levate. Qualche volta gli alieni sono amichevoli e sembrano angeli venuti ad alleviare le sofferenze degli uomini, ma in altri casi somigliano a diavoli, e sono realmente pericolosi. Uno degli episodi più sanguinosi, avvenuto in Brasile nel 1976, è culminato in un doppio omicidio. Gli autori non sono mai stati rintracciati.

    I bambini erano sconvolti. “Non li abbiamo uccisi noi!”, sussurrò Julio.
    “li abbiamo solo trovati, distesi lì per terra”, aggiunse Roberto.
    L’ispettore José Bittencourt si alzò e fece il giro della scrivania. Pensava che i bambini avrebbero parlato più liberamente se assumeva un’aria rilassata. Si slacciò il colletto della camicia, si allentò la cravatta e si sedette di fianco a loro su una seggiolina.
    “Deve essere stato uno shock terribile”, disse. Julio si piegò verso di lui.
    “No. Pensavamo che stessero prendendo il sole in cima alla collina”.
    “Bah!”, obiettò Roberto. “Con addosso l’impermeabile?!”
    “Forse volevano abbronzarsi solo la faccia!”, borbottò Julio offeso.
    Roberto stava per fare un’osservazione acida quando l’ispettore Bittencourt si intromise.
    “E’ strano, però. Erano lì sdraiati con l’impermeabile... eppure è più di una settimana che non piove!”
    I ragazzi annuirono; nemmeno loro sapevano come spiegarlo.
    “Dunque, ricapitoliamo. Abitate dall’altra parte della baia, a Niteroi, vero?”
    “Sì.”
    “E questa mattina siete partiti per salire in cima a Monte Vintem. Perché?”
    “Per vedere gli aerei”, disse Julio. “Monte Vintem è veramente alto e gli aerei ti passano proprio sopra la testa. Si vedono perfino le facce dei piloti. E certe volte i passeggeri ci salutano con la mano!”
    L’ispettore Bittencourt sapeva a cosa si riferivano i due ragazzini: agli aeroplani in partenza o in arrivo all’aeroporto di Santo Dumont, a Rio de Janeiro. Sapeva anche che Monte Vintem era una collina alta più di 350 metri ed era certamente una buona postazione da cui si dominava la baia di Rio, e si poteva seguire l’atterraggio degli aerei.
    “Avete visto gli aerei...”
    “No. Una volta in cima abbiamo visto i cadaveri”, lo interruppe Roberto. “Siamo tornati indietro di corsa. Io sono caduto e mi sono ferito al ginocchio”, disse, indicando la fascia bianca che spiccava sulla sua gamba scura.
    “Vedo”, annuì l’ispettore. “Non avete visto nessun altro sulla collina? Durante la discesa non avete incontrato nessuno?”
    I ragazzi si guardarono e scossero la testa.
    “Vivete ai piedi della collina, vero? Non conoscevate quegli uomini?”
    Scossero di nuovo la testa.
    “E non avete visto niente di strano?”
    Roberto fece segno di no, mentre Julio aprì la bocca per poi richiuderla subito. José Bittencourt era un bravo poliziotto e aveva molta pazienza con i bambini, anche perché aveva quattro figli.
    “Non avete notato nessuno sulla collina ieri sera?” riprese; “Voglio dire: nessuna luce? Nessuna traccia di movimento?”
    Come disse la parola “luce”, Julio ebbe un piccolo sobbalzo. Roberto guardò il suo amico. La testa di Julio si mosse lentamente su e giù.
    “Sì… delle luci”.
    “No, Julio!”, strillò Roberto. “Non ti crederà!”
    L’ispettore si raddrizzò.
    “A me piacciono le storie. Raccontami di quelle luci. Sulla collina? Ieri sera?”
    Julio contrasse le sue manine sporche, strinse i pugni e cominciò a parlare molto in fretta.
    “Certe volte ci sono delle luci sulla collina - la gente ci va perché spera di vedere i dischi volanti. Ma non c’era nessuna luce sulla collina ieri sera. Le uniche luci che abbiamo visto erano quelle dei dischi volanti, su nel cielo.”
    L’ispettore incrociò le braccia con aria tranquilla e disse: “Raccontami dei dischi volanti”.
    Julio si strinse nelle spalle.
    “Hanno la forma di un disco. E volano.”
    “Questo lo sa, stupido”, sospirò Roberto. “Senta, signore, glielo dirò io. Sono verdi.”
    “Gialli”, lo corresse Julio.
    “Sì... gialli-verdolini”, ammise Roberto. “E...”
    “Aspetta”, disse l’ispettore Bittencourt. “Come fai a dire di che colore sono se è buio quando arrivano?”
    “Perché brillano”, disse Julio.
    “Così hai visto davvero una luce verdolina in cielo?”
    “Credo di sì”, disse Julio, anche se non riusciva a capire che differenza facesse.
    “E tutto intorno c’era una luce rossa”, disse Roberto.
    “Arancione”, precisò Julio.
    “Rosso-arancione”, concluse Roberto deciso.
    “E com’era grande?”, continuò l’ispettore.
    “Come uno degli aeroplani che atterrano a Santo Dumont”, disse Julio.
    “Grande come lo stadio di Maracanà”, disse Roberto. Julio sbattè le palpebre, poi aggrottò la fronte con aria dubbiosa, ma non disse niente.
    “E cosa ha fatto questo disco giallo-verdolino ieri sera?”, riprese l’ispettore Bittencourt.
    “E’ rimasto come sospeso sulla cima di Monte Vintem”, disse Julio.
    “Si è fermato lì sopra?”
    La faccia di Julio si fece pensosa. “Deve essersi fermato. Almeno per scaricare i cadaveri di quei due!”
    Adesso fu l’ispettore ad aggrottare la fronte.
    “Lo avete visto voi?”
    “No, ma è quello che ha detto la signora Souza questa mattina.”
    L’ispettore Bittencourt prese nota del nome e si mise a ciucciare la matita.
    “Bene, ragazzi, siete stati dei testimoni meravigliosi. Tra poco potrete tornare a casa. Devo parlare con i detective che hanno in mano questo caso e poi vi riporto indietro.”
    “Con la macchina della polizia?”, si illuminò Julio.
    “Con la macchina della polizia. C’è qualcosa che vorreste vedere mentre mi aspettate?” sorrise l’ispettore.
    “Le motociclette”, sussurrò Roberto, mentre Julio annuiva.
    Dopo avere organizzato una breve visita per far contenti i bambini, l’ispettore si diresse verso l’ufficio del medico legale, al terzo piano del moderno edificio di vetro e cemento.
    “Allora, come sono morti, dottoressa?”
    La dottoressa Alvarez era seduta alla sua scrivania, seminascosta da pile di manuali di medicina. Si tirò indietro il ciuffo di capelli neri che le ricadeva sulla fronte e si strofinò gli occhi stanchi.
    “Per la prima volta in vita mia, ispettore, devo ammettere che non lo so. Non ci sono segni di violenza sui corpi - non sono stati pugnalati, o picchiati, o colpiti da nessun proiettile - e nel loro stomaco non c’è traccia dei veleni usati più comunemente. Entrambi avevano il cuore in perfette condizioni e non sono morti per annegamento, né sono stati soffocati o strangolati.”
    L’ispettore Bittencourt si lasciò cadere su una sedia. “Questo non è di grande aiuto. Non so se dobbiamo indagare su un suicidio, un assassinio o un incidente.”
    “O una morte per cause naturali”, aggiunse la dottoressa.
    “E’ poco probabile che siano morti per cause naturali tutti e due contemporaneamente”.
    La dottoressa Alvarez annuì. “Quello che posso dirle è che sono morti a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro. Mi dispiace non poterle fornire un maggiore aiuto. Due uomini giovani e sani. E’ un mistero.”
    José Bittencourt si rimise stancamente in piedi, brontolò qualche parola di saluto e tornò nel suo ufficio. Pochi minuti dopo aveva convocato nel suo ufficio gli agenti che erano stati sul luogo del delitto e la sua squadra di investigatori. Si rivolse prima di tutto al sergente che aveva condotto le indagini sul posto, un uomo dalla faccia sottile e l’espressione preoccupata.
    “Mi dispiace, signore. Non c’è nulla che ci possa aiutare. Non c’erano impronte, a parte quelle dei due bambini. Non sono assolutamente in grado di dire se le vittime siano giunte sulla collina quando erano ancora in vita o s4e siano state scaricate lì dopo la morte”.
    L’ispettore rigirava con aria irritata una biro tra le dita.
    “La dottoressa Alvarez non mi sa indicare la causa del decesso, ora lei mi dice che non sa dove sono morti. Forza, ragazzi, datemi un po’ di aiuto”.
    Il sergente Ramon si sporse un po’ verso di lui e disse: “Ufficialmente non ho nessuna prova, ma detto tra noi ho la sensazione che siano morti da qualche altra parte”.
    “Grazie”, disse Bittencourt. Poi guardò la fila di agenti. “Che cosa sappiamo delle vittime?”
    Il sergente Ramon aprì il suo blocco con un sorriso smagliante. Era sempre ansioso di impressionare favorevolmente l’ispettore.
    “Si tratta di Manuel Cruz e Miguel Viana. Vivevano a Campos ed erano entrambi tecnici televisivi. Sono stati visti per l’ultima volta a casa loro, prima che partissero alla volta di Rio per acquistare un’auto.”
    Bittencourt riflettè per un attimo su quelle informazioni.
    “Se stavano andando a comprare una macchina, avranno avuto bisogno di soldi. Invece quando sono stati ritrovati avevano in tasca soltanto pochi cruzeiros. Forse li hanno rapinati”.
    La faccia del detective Ramon si allargò in un’espressione di trionfo mentre il suo petto si gonfiava di orgoglio.
    “Ci ho pensato, signore. Ho controllato sul loro conto bancario. Avevano prelevato diverse migliaia di cruzeiros prima di lasciare Campos, ma non sono mai arrivati a Rio”.
    “Sono stati derubati durante il viaggio?”
    “No, signore. Hanno preso un autobus e sono scesi a Niteroi. Ho chiesto alla polizia di Niteroi di fare un controllo sugli impermeabili. Quei due sono scesi dall’autobus, hanno comprato gli impermeabili e poi si sono incamminati su per la collina”.
    L’ispettore Bittencourt non sopportava più quel giovane ufficiale che credeva di sapere sempre tutto.
    “Allora, sergente Ramon, a cosa servivano quegli impermeabili in una bella giornata di sole?”
    La faccia di Ramon precipità nello sgomento.
    “Io... non lo so, signore...”.
    “E perché sarebbero saliti a Monte Vintem?”
    “Non lo so, signore”.
    L’ispettore respirò profondamente.
    “Il lavoro dell’investigatore è un lavoro sui moventi, Ramon. I moventi delle vittime e i moventi del crimine. Non è solo un lavoro sui fatti”.
    “No, signore”.
    “Ma ci sono altri indizi, signore”, aggiunse il sergente, che era stato sul luogo.
    “Quali?”
    “Vicinissime alle facce dei cadaveri c’erano due maschere di piombo, molto rozze”. E mostrò due maschere di metallo grigio modellate in modo approssimativo che rappresentavano due volti dai lineamenti distorti.
    “Nient’altro?”
    “Tre fogli di carta, ispettore”. Porse a Bittencourt tre cartelline di plastica trasparente. Ciascuna conteneva un pezzo di carta: uno verde e due azzurri. Sul primo era trascritta una formula molto complicata. Sembrava copiata da un testo scientifico. La seconda era un messaggio. E il testo era chiaro, ma di difficile interpretazione.
    L’ispettore Bittencourt lo lesse a voce alta.
    “Domenica, una pillola dopo mangiato. Lunedì, una pillola dopo mangiato. Martedì, una pillola dopo mangiato. Mercoledì, una pillola prima di coricarsi”.
    Il terzo foglio diceva: “16.30 trovarsi al luogo stabilito. 18.30 prendere la pillola. Poi proteggersi il volto con uno schermo metallico e aspettare il segnale”.
    “Ci sono stati avvistamenti di UFO nella zona”, disse Ramon.
    “Lo so che ci sono gli UFO, grazie, Ramon” disse l’ispettore bruscamente. “Se vedi qualche omino verde, arrestalo immediatamente con l’accusa di omicidio, d’accordo?”
    “Sì, signore”, disse il sergente con entusiasmo.
    “Era uno scherzo, Ramon.”
    “Mi scusi, signore.”
    “Voglio parlare con qualcuno che conosceva quei due. Quando avrò capito chi erano - che genere di persone intendo - risolverò anche il caso”.
    Si alzò e raggiunse la porta, ordinando al suo autista di aspettarlo con la macchina e i due bambini all’ingresso principale.
    “Chiudi quei fogli in cassaforte, Ramon”, disse, prima di andarsene.
    Per il divertimento dei bambini, l’ispettore chiese all’autista di azionare la sirena e nel giro di pochi minuti si lasciarono alle spalle la città e attraversarono il ponte sulla baia. L’ispettore salutò i bambini e li ringraziò per la collaborazione. Poi si diresse verso Campos e il tranquillo bungalow dove viveva il padre di Miguel Viana.
    Era un uomo con i capelli grigi e le spalle curve. Indossava un maglione grigio sopra una camicia bianca sporca.
    “Mi dispiace per suo figlio, signor Viana”, disse l’ispettore mentre l’uomo lo guidava in un salotto in penombra e lo faceva accomodare su un divano consunto.
    Gli occhi acquosi del vecchio fissarono tristemente il poliziotto.
    “Lo sapevo che sarebbe finita così. Miguel e Manuel si erano sempre interessati agli extraterrestri, fin da bambini. Erano diventati tecnici della televisione, ma quello che li interessava veramente era costruire dei trasmettitori in grado di entrare in contatto con le astronavi aliene.”
    “Pensa che ci fossero riusciti?”, chiese l’ispettore.
    “Certo. Facevano i loro esperimenti in garage. Ci sono stati degli scoppi, e delle luci improvvise; sono sicuro che ci erano riusciti.”
    “A mettersi in comunicazione con gli alieni?”
    “A mettersi in comunicazione con gli alieni. Naturalmente gli alieni non potevano lasciarli in vita. Hanno attirato il mio Miguel sulla cima di Monte Vintem e lo hanno ucciso.”
    “Perché avrebbero dovuto farlo, signor Viana?”
    Il vecchio guardò il poliziotto stupito.
    “Ma per farlo stare zitto, no?! L’hanno ucciso perché aveva scoperto troppe cose”.
    “Aveva scoperto le onde radio su cui contattarli?”
    “Sì, deve averle scoperte.”
    D’un tratto, l’ispettore Bittencourt comprese l’importanza del primo foglio di carta. Non era una formula: era il calcolo di una gamma di frequenze radio. Grazie a quel pezzo di carta un essere umano poteva parlare con una creatura di un altro pianeta. L’ispettore si scusò frettolosamente e risalì in macchina. Questa volta la sirena e il lampeggiante servivano davvero, non solo per far contenti i due ragazzini.
    La macchina della polizia percorse rapidamente il ponte e le strade di Rio fino al quartier generale della polizia. L’ispettore si precipitò nell’edificio proprio mentre il detective sergente Ramon stava uscendo.
    “La formula, Ramon! Dov’è?”
    “Mi ha ordinato di metterla in cassaforte, signore, e naturalmente ce l’ho messa...”
    “Andiamo a prenderla!”, gridò Bittencourt.
    Ramon, sconcertato, seguì l’ispettore fino alla camera di sicurezza; l’agente di guardia aprì la cassaforte. “Li ho appena messi a posto, signore”, disse. Controllò la cassaforte e ne estrasse due cartelline trasparenti. Dentro c’erano due fogli azzurri.
    “Quello verde, ragazzo. Quello verde. Quello con la formula.”
    L’agente arrossì e annaspò nell’interno della cassaforte con mani tremanti. “Era qui, signore. Il sergente Ramon mi ha visto mentre lo mettevo qui.”
    “E’ vero, signore”, confermò Ramon.
    “E allora adesso dov’è?”
    L’agente fissò l’ispettore con un misto di imbarazzo e paura.
    “Non può essere andato da nessuna parte, signore... ma è sparito!”
    “Nessun uomo al mondo avrebbe potuto aprire la cassaforte e prendere quel foglio”, mormorò Bittencourt. “Nessun uomo... al mondo.”
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