Replying to Creatori di Mondi...

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  1. Posted 2/4/2011, 15:43


    LA STAFFETTA DEGLI UNIVERSI

    di Antonio Bruno

    image


    Nella mia posizione di ricercatore "non scienziato", ma solo libero spirito pensante, ritengo che la cosiddetta "Interpretazione dei Molti Mondi" (MWI), così spiegato in un interessantissimo articolo (1) di Barbara Ainis, sia la chiave per una concezione finalmente liberatoria ed esaustiva della realtà.

    Un'intuizione che, sinceramente, ho sempre avuto, pur avendola abbozzata con la grossolanità di un "non scienziato".
    Questa esperienza interiore, che qualcuno potrebbe definire "deduttiva", non la ritengo una conquista esclusiva del sottoscritto bensì un traguardo raggiungibile da chiunque abbia sviluppato determinati livelli meditativi.
    Certamente, il mio linguaggio ha poco da dividere con quello delle cosiddette "scienze esatte", ma abbiamo preso atto, una volta di più leggendo il citato articolo, che di "scienze esatte" ne esistono ben poche e, comunque, confinate solo all'universo di cui attualmente stiamo facendo esperienza.
    È certo che la MWI, così come la espone il grande fisico Lev Vaidman, rappresenta una rivoluzione mentale, cognitiva, psicologica e conoscenziale tale quali non se ne sono mai viste nella storia umana.
    Davvero, il termine "rivoluzione", sembra addirittura restrittivo. A me fa l'effetto di un respiro finalmente liberatosi dall'occlusione di un fastidiosissimo raffreddore. È come se il mio spirito respirasse fresca aria di un bosco svedese che lo vivifica e rinnova.
    A fronte di tante nuove domande e pressanti interrogativi che essa genera, la MWI cancella con un elegante colpo di spugna tutti i "grumi", gli "impacci" in cui ci eravamo arenati e può dar luogo ad azzardi teorici che giusto ad un "non scienziato" come me possono essere tollerati e perdonati; azzardi che, tuttavia, per la natura stessa di questa grande verità che sembra delinearsi davanti a noi, cessano di essere tali ed acquistano pieno diritto di cittadinanza nella dimensione della cogitazione umana.
    Certo, non tutto mi è chiaro e non mancano interrogativi anche pressanti, che cercherò di soddisfare con il prosieguo delle mie ricerche e attraverso il confronto con menti davvero aperte e scientifiche, al di là di tutti gli ingombri ammuffiti di cui è oggi alla mercé il concetto stesso del fare scienza.
    Dalla mia posizione privilegiata di anarchico della ricerca, non vincolato ad etiche od ontologie professionali di "casta", posso permettermi, addirittura, di fare della filosofia o di divertirmi a scrivere trame fantascientifiche le quali, tanto, "hai visto mai", potrebbero generare dei veri e propri universi...!

    Ricordo che, al mio affacciarmi nel mondo dell'articolistica scritta ed internettiana su temi di ricerca alternativa, i cosiddetti "misteri", il primo articolo che pubblicai si intitolava "Perché credo in Babbo Natale". Venne pubblicato anche sul periodico "Extraterrestre" e descriveva, certo grossolanamente, un paradosso che collima abbastanza bene con la MWI che enuncia Vaidman.
    Sì, perché se allora postulavo che, creando col pensiero un mondo in cui esiste il classico Babbo Natale, mondo peraltro nutrito dalla credenza di milioni di bambini sul pianeta, si compie un vero e proprio atto creativo, che può determinare la costituzione effettiva di questo mondo "da qualche parte".
    Allora, pensavo che quel "da qualche parte" potesse essere una sorta di operazione magica dovuta al potere della mente e, in sostanza, non andavo molto lontano.
    Perché, se ho capito bene, se ci troviamo di fronte ad una funzione d'onda decomposta, siamo anche in presenza di una nuova "ramificazione", cioè alla generazione per filiazione "botanica", di un nuovo scenario, di un esito alternativo a ciò che pare tanto sicuro in questo nostro universo.
    In altre parole, se "qui", da noi, Babbo Natale è una bella favola partorita dalla mente di uno scrittore, questo parto stesso potrebbe aver generato la sua esistenza, "da qualche parte".
    Mi piace anche l'affermazione di Vaidman: "Nella meccanica quantistica c'è un tempo che va da meno infinito a più infinito, ed è rilevante per la funzione d'onda associata a tutto l'universo".
    In parole povere, mi sembra una conferma ed enunciato dell'inesistenza del tempo quale quello che conosciamo noi nel nostro mondo o, meglio, della sua importanza ed esistenza solo per "questa" particolare funzione d'onda che è il nostro universo.
    E, se la funzione d'onda è decomposta in chissà quanti rami, dobbiamo cominciare a prendere confidenza col concetto che il nostro "io" è qualcosa di molto più vasto ed illimitato di quanto possiamo aver creduto finora; anzi, possiamo ritenere di conoscere solo una parte della nostra esistenza globale, quella associata alla sfaccettatura esistenziale del diamante globale su cui ci troviamo ora.
    Mi rendo conto dell'immane rivoluzione che questa verità può creare e della terribile paura che può suscitare in campo religioso o, addirittura, morale: pensate ad una umanità che ha raggiunto la consapevolezza che, qualsiasi decisione uno prendesse, qualsiasi fede o non fede egli abbracciasse, non importa perché, tanto, esiste un universo per ogni altra sua possibile scelta.
    Potrebbe essere l'inno all'anarchia totale, alla più completa inedia delle menti e degli spiriti...!
    Io però non credo sia così.
    Lo stesso Vidman risponde molto bene, allorquando parla della necessità di introdurre un concetto: quello della Misura di Esistenza: "In qualsivoglia esperimento quantistico, pur nella convinzione che tutti i risultati si verificheranno, si può definire l'incidenza di un risultato rispetto a quello di un altro".

    Ora, scusatemi l'entusiasmo, ma questa affermazione mi sembra di un'importanza IMMENSA!
    Se le cose stanno così, ed io ne ho la ferma convinzione, è possibile quasi ogni "magia", la creazione di eventi, esiti e scenari da noi predisposti con le funzioni d'onda frammentate.
    Probabilmente, non è tutto così facile, ma è un'idea affascinante. Da essa, mi si genera un pressante ed angosciante interrogativo che rivolgo ai lettori: COME DEFINIRE L'INCIDENZA DI UN RISULTATO RISPETTO A QUELLA DI UN ALTRO...?
    Vaidman dice che ad una maggiore o minore incidenza, corrisponderà un mondo con proporzionate "misure di esistenza", ma chi determina, e come, queste maggiori o minori incidenze?
    Vado oltre: e il PENSIERO?
    Il pensiero umano, a cui filosofie e speculazioni di tutto il mondo danno una giusta e grande importanza, può essere considerato una funzione d'onda con capacità generatrice...?
    L'espressione "entità fisica" perde gran parte del suo valore, in senso quantistico e multi universale; l'"entità fisica" è una realtà locale funzionale ad una sola funzione d'onda, per cui, parlare di parallelismo con essa, sulla scia di questa rivoluzionaria scoperta dei molti universi, non ha senso. Si può parlare, caso mai, di sua "gemmazione", ramificazione.
    C'è ancora molto da dire, ma preferisco fermarmi sul sopra scritto, importantissimo interrogativo, un interrogativo che, per uno dotato di grande fantasia come il sottoscritto, può anche voler dire fare di noi stessi degli autentici "creatori di universi e destini". Anche il nostro.

    Quelli che Vaidman definisce "esperienze e paradossi difficilmente spiegabili se non ragionando in termini di Interpretazione dei Molti Mondi"(MWI) , costituiscono, per saggia forza di cose, il campo di speculazione e riflessione di noi, ricercatori della verità che non sono "addetti ai lavori" dell'essere scienziati o, almeno, dell'avere i requisiti professionali che ci diano l'appartenenza a quella categoria.
    Poiché abbiamo fin troppe volte visto come sia possibile non avere le carte in regola, in quanto scienziati, anche dal punto di vista dei requisiti ideali ed ontologici di quello che ritengo il vero "fare scienza", prendiamo un po' di coraggio e continuiamo ad affrontare l'affascinante tema della MWI con l'unico intento di sottolinearne semplicemente le possibili, straordinarie implicazioni scientifiche, filosofiche e metafisiche.
    Sicuramente, i detrattori ortodossi mi accuseranno di faciloneria nell'esprimere entusiasmo in merito ai possibili scenari delineantisi da quello che io ho chiamato l'ipotetico interfaccia fra mondi, tuttavia tale entusiasmo non significa, necessariamente, ignorare le complicazioni e le difficoltà che scienziati come Vaidman ci ricordano affrontando questo tema, principalmente quella di passare dal micro al macroscopico.
    I 1020 atomi necessari perché un corpo sia considerato macroscopico sembrerebbero il primo di una serie di ostacoli sui quali è necessario riflettere.
    Abbiamo, poi, tutto un insieme di circostanze che pare non si possano eludere per creare l'interferenza quantistica necessaria al fenomeno che ci interessa: punto collimante fra i due mondi in cui l'evento deve avere inizio, necessità di ulteriore separazione attraverso un effetto entangled che non consente ritorno se non come rientro dei due mondi separati allo stesso punto iniziale di partenza, costante consapevolezza della località di un universo, ecc..
    Eppure, lo stesso Vaidman non esclude categoricamente che tutti questi problemi possano, in futuro, essere risolti e questo mi è sufficiente per continuare la mia speculazione sui "meravigliosi scenari possibili".
    E poi, non è sempre questione di interazione diretta, in una contemporaneità che, comunque, non avrebbe senso in una realtà senza tempo; potrebbe essere semplicemente questione di "continuità", ovvero di passare la staffetta, se mi si passa l'espressione, da universo ad universo, almeno per un determinato tipo di fenomeni correlati alla fisicità.
    Prendiamo, ad esempio, il fenomeno dell'invecchiamento e della morte: la mia speculazione non mi impedisce di supporre che, se alcuni universi sono come rami di un grande albero che continua a svilupparsi, essi non possano essere considerati la continuazione di chi li ha generati e che si sono "seccati".
    In altre parole, nel ramo-figlio continuano a sussistere gli atomi ed i princìpi vitali del ramo-padre anche se questo non è più in grado di supportarne la vitalità.
    Se, per "universo", consideriamo perciò la vita individuale di un uomo, non vedo cosa mi impedisce di ipotizzarne la sua sopravvivenza energetica-quantistica-coscienziale (qui, i termini esatti sono davvero un terno al lotto) nel mondo parallelo a lui più vicino, o direttamente collegato.
    Non trovo nemmeno insuperabile la difficoltà di credere che i princìpi evolutivi di base dell'esperienza manifesta attraverso gli universi, come l'evoluzione e la sempre maggior consapevolezza, possano trasmettersi di universo in universo, di vita in vita. Il passaggio della staffetta, appunto.

    E il cosiddetto "paranormale"?
    Tutti i fenomeni ascrivibili al campo delle apparizioni e della metafisica più popolare, non potrebbero essere, con una speculazione un po' più ardita, la manifestazione di "nuovi rami", magari temporanei, episodici, sviluppatisi da qualche universo invisibile però generato dalla nostra stessa fede?
    In fondo, credo che il pensiero sia una formidabile "astronave per universi" e che la "materia" di cui è fatto non è certo solo la prigionia elettromagnetica dei neuroni e delle sinapsi rilevabili nei nostri laboratori; pertanto, forse ci troviamo di fronte ad un generatore di universi che va studiato molto attentamente e considerato con mentalità radicalmente diversa da quella materialista.
    Se la chiave d'accesso, badate bene ho parlato solo di "chiave d'accesso", per la comprensione del paranormale è questa, se abbiamo messo almeno un piede sulla strada giusta, allora non trovo azzardato nemmeno inserire il fenomeno UFO, o parte di esso, in quest'ordine di possibilità.

    I filosofi ed i pensatori si sono chiesti più volte, nel corso della storia umana, se la realtà sia un sogno o se la dimensione del sogno sia, invece, quella più "vera". E se ci trovassimo di fronte ad un ex-aequo...?
    Chi l'ha detto che una realtà dev'essere più "vera" dell'altra e che i pensieri che si generano in uno stato che noi definiamo, presuntuosamente, "veglia", debbano essere più importanti di quelli generatisi nei nostri sogni?
    E se ci fossero universi generati dai nostri sogni...?
    Di certo, se a questo punto sciogliessi le briglie all'immaginazione, questo cavallo selvaggio mi prenderebbe la mano e non riuscirei più a fermarlo.
    Rallentiamo, allora, il passo e diciamo che ciò che importa, in tutto questo nostro disquisire da non addetti ai lavori, è un po' il nostro punto di partenza: restiamo pervasi da un senso di "grande piccolezza", se prendiamo coscienza della reale esistenza.
    Anche gli scienziati hanno finalmente ammesso, degli universi paralleli e soprattutto di un loro molto probabile processo di incubazione-nascita-vita da un immenso albero, forse un groviglio inimmaginabile di universi che, tuttavia, non è caotico e segue una corrente comune frazionabile, forse, in concetti che appartengono più alla metafisica che alla scienza, ma che per noi sono estremamente importanti: evoluzione, eternità, armonia e determinismo.
    È già un grosso passo in avanti, rispetto a quelle quattro mura senza capo né coda in cui ci voleva relegare il materialismo cartesiano.

    Note:
    1. Barbara Ainis, "Un paradosso impeccabile - gli universi paralleli esistono!" su Scienzaeconoscenza.it.


    Fonte: edicolaweb.net

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