Replying to Locandieri assassini

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  1. Posted 7/12/2014, 19:33
    Nella cittadina di Tisakurt, in Ungheria, Lazio Kronberg, locandiere, e la moglie Susi hanno avuto in sorte una vita veramente triste.
    Era il 1919 e la coppia aveva speso ogni avere per mantenere la locanda aperta durante la Grande Guerra. Ma a quel punto avevano appena di che sfamarsi.
    A questa si aggiunsero altre disgrazie. La loro unica figlia era fuggita a Budapest, dove si diceva facesse la vita. Anche il figlio maggiore Nicholas se n’era andato, all’età di nove anni, dopo che Lazio l’aveva frustato per una bocciatura. Gli altri due figli erano caduti in guerra.
    Sera dopo sera la coppia se ne stava a discutere: ma i due non riuscivano a intravedere vie d’uscita alla loro disperazione. Giunsero perciò a una sinistra conclusione: uccidere per profitto.
    Gli omicidi vennero scrupolosamente preparati. Lazio scavò nel bosco un fossato profondo poco meno di due metri. Lo riempì di calce viva, pronto a rispondere, a chi glielo chiedesse, che stava progettando di costruire una rimessa. Susi acquistò alla drogheria del paese un sacchettino marrone di cristalli di stricnina, ufficialmente per avvelenare i lupi, come disse al negoziante.
    Tra il 1919 e il 1921 dieci persone esalarono l’ultimo respiro nella locanda dei Kronberg. Per tutti la cena era stata innaffiata da buon vino, seguito da una bottiglia di un’annata specialissima... corretta con un po’ di stricnina. Via via che il bottino aumentava, la coppia divenne più prudente. La vittima successiva sarebbe stata l’ultima, quindi la fossa di calce viva sarebbe stata chiusa per sempre.
    L’occasione arrivò il 14 agosto 1922: si trattava di un trentacinquenne grasso e gioviale, che portava con sé una borsa così pesante da contenere certamente delle monete d’oro. Era un venditore affermato alla ricerca di un buon apprezzamento per investirvi i propri soldi.
    Quando Susi preparò la cena e Lazio la servì in tavola, l’ospite insistette che anche loro si accomodassero a tavola con lui. E lo dovevano chiamare Fortunato. Per tutto il tempo passato allegramente assieme, l’ospite raccontò dei propri viaggi e tale era la sua simpatia che i Kronberg erano restii a ucciderlo. Ma andava fatto, e alla fine Susi mise in tavola la bottiglia di vino “speciale”.
    Il loro corpulento ospite esalò l’ultimo respiro appena vuotato il bicchiere, tra le convulsioni, con le labbra rovesciate nella smorfia tipica dell’avvelenamento da stricnina.
    Nella stanza di Fortunato i due rovistarono nella valigia e si accorsero immediatamente d’aver avuto ragione. Nella borsa c’era una fortuna in monete d’oro. Con le mani tremanti, Lazio frugò nelle tasche del cadavere e notò qualcos’altro: una foto sua e della moglie!
    I due si guardarono negli occhi, pietrificati dall’orrore e dal dolore. Avevano ucciso il figlio scomparso da tempo. Lasciarono l’oro dov’era e ritornarono nella sala da pranzo, dove Nicholas giaceva abbandonato sul tavolo. Scrissero una breve confessione, quindi si sedettero a tavola con lui. Tre giorni dopo gli abitanti della cittadina li trovarono, morti, avvelenati dalla stricnina.
    Negli anni seguenti ben pochi si avventurarono in quella casa. Chi aveva il coraggio di trascorrervi due o tre notti con la prospettiva di acquistare la casa veniva sempre terrorizzato dalla stessa lugubre apparizione: seduti a tavola tredici individui con abiti degli anni ’20, la smorfia oscena dell’avvelenamento da stricnina disegnata sul volto.
    Un’altra guerra mondiale iniziò e finì, la casa cadde in rovina, ma nessuno osava trascorrervi una notte o anche solo avvicinarsi. Il 23 settembre 1980 le fiamme che lambivano il cielo segnalarono che un piromane era al lavoro. La vecchia locanda fu ridotta in cenere. Nessuno tentò di cercare il colpevole. Nessuno se ne curò.
    Tisakurt si era finalmente liberata dalla casa degli orrori.

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