Replying to Piccoli alieni grigi

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  1. Posted 28/11/2014, 19:10
    Molti si chiedono come mai se ci sono tanti avvistamenti di UFO, non abbiamo nessuna prova delle loro spedizioni sulla terra, per esempio un frammetno di astronave, o magari anche il corpo di un alieno. Gli ufologi sostengono che esistono resti di astronavi aliene che si sono schiantate sulla superficie terrestre, e anche corpi di alieni morti nello schianto, ma che i governi coprono con il segreto tutto questo. L’incidente più famoso sarebbe avvenuto negli USA, vicino a una piccola località chiamata Roswell...

    Il vento spazzava l’arida pianura, sospingendo i corvi nel cielo come coriandoli neri e scuotendo i rari cespugli ormai senza foglie. Sembrava non potesse esserci al mondo luogo più desolato.
    Un vecchio apparve sul crinale dei monti che sovrastavano la pianura ondulata. Riposò per qualche istante, appoggiato al bastone, mentre un ragazzo gli si accostava in silenzio.
    Gli abiti del vecchio erano neri come paramenti funebri, e il suo volto era solcato da rughe grigiastre. Anche il suo bastone da passeggio dall’impugnatura d’argento era nero. Il ragazzo si era fermato a un passo da lui. Parlò a voce alta, perché il vento portava via le sue parole e il vecchio era un po’ sordo.
    “E’ qui che è successo, nonno?”
    Gli occhi chiusi del vecchio lacrimarono mentre li investiva un piccolo turbine di sabbia. C’era una buca nel terreno, dove un tempo era cresciuto un cespuglio che il vento aveva strappato. Il vecchio si sedette protetto da quel precario riparo e battè la mano sulla terra riarsa: “Siediti qui, Joe”.
    Il ragazzo si lasciò scivolare a terra e guardò verso la pianura. Il vecchio alzò il bastone e indicò un punto nella distesa grigio-verde ai loro piedi. “Adesso l’erba è ricresciuta”, disse. “Ma cinquant’anni fa qui c’era una fenditura profonda, come se qualcosa avesse colpito il terreno a una velocità tremenda...”.
    Sul terreno si intravedeva ancora come l’ombra di una traccia. O almeno a Joe sembrava di scorgerla.
    “Ed è lì che il disco volante si è schiantato?”
    “Non esattamente”, disse il vecchio. Parlava piano, scegliendo le parole con cura. “O meglio sì, benché la cabina sia stata ritrovata più a nord, verso Corona”.
    Il ragazzo scosse la testa.
    “Non riesco proprio a capire, nonno. Quegli alieni avevano attraversato l’universo per arrivare sulla terra, e perciò dovevano essere molto abili come piloti”.
    “E’ vero”, disse il vecchio.
    “E allora come mai si sono sfracellati quando sono arrivati qui?”, chiese Joe. “Dovevano essere proprio stupidi, o sconsiderati”.
    “Mmmm”, annuì il nonno. “Mi ricordo che c’era stata una tempesta, il 2 giugno di quell’anno...”
    “Il 1947?”
    “Il 1947. La peggior tempesta a memoria d’uomo, da queste parti. Io certo non ne ho più vista una così. Il proprietario di questa terra, nel 1947 era un certo Mac Brazel. Si ricordò di avere visto un grande lampo nel cielo proprio qua sopra. Era rosso, con una specie di coda bianca, ma lui pensò che fosse un lampo di caldo, o qualcosa del genere. Quattro o cinque giorni dopo venne da queste parti a controllare il bestiame. Fu allora che vide il solco nel terreno e i rottami”.
    “Ma non i cadaveri?”
    “Ma non i cadaveri. Esaminò i frammenti e vide che si trattava di metallo molto sottile. Così sottile e leggero che poteva accartocciarlo nella mano. Quando riapriva la mano, però. Il metallo ritornava alla forma originaria, come per magia”.
    “Io non credo alla magia”, disse Joe. “E nemmeno agli alieni”.
    Sulla faccia mesta del vecchio apparì un sorriso sbilenco.
    “Neanch’io ci credevo! Beh, c’erano stati centinaia di avvistamenti di UFO, quell’estate! Erano su tutti i giornali. C’era anche una ricompensa per chi avesse fornito le prove dell’atterragigo di una spedizione extraterrestre: tremila dollari. Naturalmente Mac Brazel pensò di avere tra le mani una miniera d’oro. Raccolse i rottami più grossi e li depositò nel granaio vicino al suo ranch”.
    “Suppongo che non ci siano più, adesso”, sospirò Joe.
    “No. Mac ne parlò con lo sceriffo, e lo sceriffo lo riferì alla radio locale. Ma proprio poco prima che andasse in onda l’annuncio del suo straordinario ritrovamento, a Mac saltarono i nervi. Disse che si trattava soltanto di comuni frammenti di metallo. Evidentemente qualcosa, o qualcuno, l’aveva spaventato”.
    “Chi, nonno? Gli alieni?”
    “No... molti sono convinti che siano stati degli agenti segreti inviati dal governo a consigliargli di stare zitto. La settimana dopo abbiamo visto Mac Brazel in città, ma c’era sempre qualcuno della base aerea di Roswell con lui. Sembrava che lo sorvegliassero. La radio e igiornali furono avvisati di lasciar perdere questa storia e tutta la zona fu pattugliata. Non ci si poteva nemmeno avvicinare”.
    “Tu ci hai provato, nonno?”
    “Sì, Joe. Tutti noi di Roswell volevamo vedere i rottami. Ma quando i militari ci lasciarono passare, non c’era più traccia del magico metallo. Da allora, sono cinquant’anni che la gente cerca invano una scheggia, un frammento... I militari devono avere battuto il terreno palmo a palmo”.
    “Ma avete visto il solco”, disse Joe.
    “Abbiamo visto il solco.”
    “E come l’hanno spiegato?”
    “Hanno detto che era stato causato dalla caduta di un pallone meteorologico, rivestito da un foglio metallico argentato. Trovarono perfino un ufficiale dell’aereonautica che mostrò ai giornalisti i falsi rottami, frammenti di un pallone, in effetti, che nel frattempo avevano tempestivamente sostituito ai rottami autentici.”
    “E così non ci sono prove”, Joe scrollò le spalle. “Te l’ho detto che non esistono i dischi volanti, e nemmeno gli alieni”.
    Il vecchio si alzò lentamente e guardò verso il nord.
    “Ti stai scordando un particolare, Joe. Forse non ho visto un disco volante, ma di sicuro ho visto qualcosa che non era umano.”
    Joe lo guardò con aria sospettosa:
    “Mi stai prendendo in giro?”
    “No, lo giuro su quel poco di vita che mi resta. Ho visto un alieno. Ti ricordi che qui si era schiantata una parte dell’astronave? A Corona in quel periodo c’erano degli archeologi impegnati in alcuni scavi. Mentre i militari esaminavano i resti ritrovati qui, gli archeologi trovarono la cabina dell’astronave su un’altura sopra Corona. Naturalmente i militari li rintracciarono immediatamente e li convinsero a tenere la bocca chiusa, proprio come avevano fatto con Mac Brazel. Fu allora che mi chiamarono.”
    Il nonno prese a camminare giù per la discesa, in direzione di un’automobile nera parcheggiata al margine della strada. Sulla vernice lucida la sabbia, mossa dal vento, aveva steso un velo opaco.
    Il vecchio aprì la portiera e si mise al volante. Joe sedette al suo fianco e rimase in silenzio, mentre il nonno, voltata la macchina, imboccava piano piano la strada sterrata. Ci vollero venti minuti per raggiungere la statale.
    “Come puoi vedere anche tu, in questa zona possono passare quattro o cinque giorni prima che si scopra che c’è stato un incidente.”
    “raccontami degli alieni”, gli chiese Joe.
    “Ritornai alla cappella verso le quattro del pomeriggio, quel giorno, e il telefono stava suonando. Un uomo mi chiese se ero Glen Dennis, l’impresario di pompe funebri. ‘Sono io’, dissi. Poi mi fece una domanda strana. Mi chiese qual era la bara più piccola che avessimo. Gli dissi che la più piccola era quella da 4 piedi. Allora mi chiese di preparargliene qualcuna. Quel pomeriggio mi chiamò ancora tre o quattro volte. Voleva sapere come si potevano conservare quei corpi. Che sostanze usavo e come facevo a trasportare un corpo senza danneggiarlo. Gli dissi che per aiutarlo avrei dovuto vedere i corpi.”
    “E lui?”, chiese Joe ansioso.
    Il nonno scosse la testa.
    “Non prese neppure in considerazione la mia richiesta. L’unica cosa che riuscii a sapere fu che i corpi erano stati esposti alle intemperie per alcuni giorni ed erano già in decomposizione. Per il resto si riofiurò di rispondere a tutte le mie domande.”
    “E allora come hai fatto a vedere gli alieni?” insistette Joe.
    “Tu sai che cos’è un carro funebre, vero, Joe?”
    “Sì, quella macchina lunga che usi per i funerali”, disse il ragazzo.
    “Esatto. Ora, nel 1947 c’era carenza di ambulanze e i militari spesso mi chiedevano in prestito il carro funebre per trasportare i feriti che avevano bisogno della lettiga.”
    “Agghiacciante!”, rabbrividì Joe.
    Il volto grigio del vecchio si accigliò.
    “No, Joe. I morti non hanno mai fatto male a nessuno.”
    Il ragazzo ci pensò su un attimo e annuì.
    Glen Dennis continuò: “Comunque l’ultima chiamata, quel giorno, venne dalla base aerea. Volevano che prelevassi un giovane pilota dall’ospedale cittadino e lo portassi a quello della base. Le loro ambulanze erano tutte impegnate a Corona”.
    “Per gli alieni?”
    “Credo di sì. Mi pagavano bene, così presi il ragazzo e lo portai alla base aerea di Roswell. C’era molto trambusto, lì. Molti camion tornavano dalla zona che abbiamo appena visitato, seguiti dalle macchine di rappresentanza con a bordo generali carichi di galloni e medaglie d’oro. Non avevo mai visto tanti pezzi grossi nella nostra piccola Roswell”.
    La macchina lasciò la statale e girò in una stradina con l’indicazione “Corona”. “Lasciai il pilota ferito davanti all’ospedale, ma invece di andarmene decisi di entrare anch’io. C’era un’infermiera che conoscevo. Volevo passare a salutarla... e magari invitarla a bere un caffè.”
    Joe fece una smorfia: “Ma la nonna lo sapeva?”
    “Questo successe tre anni prima che conoscessi tua nonna”, disse severamente Glen Dennis.
    “Va bene, allora. Non glielo dirò”, concesse Joe.
    “Come ti stavo dicendo”, riprese il vecchio, “scesi dal carro funebre ed entrai nell’ospedale. C’erano due agenti della polizia militare sulla porta. Non ne avevo mai visti prima, ma in quel momento non ci feci caso. Non sarei neppure riuscito ad arrivare fin lì se non avessi parcheggiato nell’area riservata alle emergenze. Le porte delle ambulanze militari erano aperte e custodivano i rottami incriminati, sorvegliati da un sacco di agenti. Vidi così tutta quella ferraglia. Non sapevo di cosa si trattasse, ma capii che era successo qualcosa. C’erano alti ufficiali dappertutto. E sembravano assolutamente sconvolti. Fu allora che vidi Selene...”
    “L’infermiera?”
    “Proprio lei. Mi aspettavo che mi salutasse, e invece fece una faccia terrorizzata e disse: ‘Come diavolo hai fatto ad arrivare qui? Dio mio, ti uccideranno’. Io ero davanti alla macchina delle bibite e stavo per prendermene una, quando un colonnello dai capelli rossi cominciò a urlare: ‘Che cosa ci fa qui questo figlio di buona donna?’, riferito a me!, capisci?! Quando mi girai per guardarlo vidi che si trovava sulla soglia di una sala operatoria. C’era un tavolo operatorio là dentro, con sopra un corpo e una folla di gente tutt’intorno. Gettai una sola occhiata a quel corpo... non avevo mai visto niente di simile.”
    “Era l’alieno?”
    “Col mestiere che faccio, ho visto centinaia e centinaia di corpi. Ma una cosa simile non l’ho mai più vista. Era grigio-argento, più o meno della tua statura, ma con le gambe e le braccia piccole e sottili. Prima che potessi osservarlo meglio, due agenti della polizia mi9litare mi avevano preso per le braccia e mi avevano trasportato fuori. Non uscii con le mie gambe, perché mi sollevarono di peso. E mi ordinarono di sparire immediatamente. Mi seguirono addirittura fino in ufficio, entrarono e mi dissero che se avessi detto anche una sola parola mi avrebbero cacciato in prigione, in una cella così profonda che per nutrirmi mi avrebbero sparato dei fagioli con la cerbottana.”
    Joe scoppiò in una risata stridula. Il vecchio lo guardò: “Dicevano sul serio, sai.”
    “Ti sei spaventato?”
    “Non ero tanto spaventato; piuttosto, direi furibondo. Gli risi in faccia e li mandai al diavolo, ma poco dopo lo sceriffo mi chiamò e mi disse che avevano minacciato anche lui. Gli avevano detto che se avesse parlato di quello che aveva visto avrebbero ucciso tutta la sua famiglia.”
    “E che cosa aveva visto, lui?”, chiese Joe.
    “Non me l’ha mai detto”. Glen Dennis si strinse nelle spalle. “Ma Selene sì. Le telefonai all’ospedale e ci mettemmo d’accordo per incontrarci in un bar quella sera. Finiva il turno alle dieci, e quando ci vedemmo era nervosissima. Non riusciva nemmeno a tenere in mano la tazzina senza rovesciare un po’ di caffè”.
    “Li aveva visti?”
    “Mi disse che c’erano tre corpi. Due erano completamente straziati, ma uno era ancora in discrete condizioni. Assomigliavano agli antichi mandarini cinesi. Erano piccoli e fragili e non avevano capelli. Avevano il naso piatto, gli occhi profondi e al posto delle orecchie delle piccole aperture. Le mani, non avevano pollice... solo quattro dita simili a tentacoli con delle ventose alle estremità. Aveva provato a fare un disegno, ma poi l’aveva bruciato per timore di quello che sarebbe successo se l’avessero trovato.”
    “Pensavo che i corpi fossero quattro”, osservò Joe.
    “Tre morti e uno vivo”, disse piano il vecchio. “O almeno questa fu una delle voci che circolarono allora. Selene aveva assistito solo all’esame dei tre cadaveri, ma qualcuno, quando li avevano portati all’ospedale, aveva notato che c’era un quarto alieno che si muoveva ancora. Venne ricoverato in un’unità di cura intensiva e morì poco dopo.”
    Il vecchio fermò la macchina su un’altura. Le rocce nude erano lucidate dal vento e dalla sabbia.
    “Cinquant’anni fa, Joe, la cabina con a bordo i quattro alieni si è schiantata qui. proprio in questo punto. Non posso provarlo - il governo l’ha sempre negato. Ho assistito a numerose morti, ma nessuna triste quanto la loro. Pensare che avremmo potuto parlare con esseri che provenivano dall’altro capo dell’universo. Avremmo potuto imparare da loro i segreti della navigazione spaziale! Chissà dove potremmo essere oggi!”
    “Sì, è triste”, disse il ragazzo.
    “No”, disse il vecchio, appoggiandosi al bastone. “Quello che voglio dire è che ero triste per loro. E’ sempre brutto quando qualcuno muore lontano da casa e dalle persone che ama, ma nessuno è mai morto tanto lontano da casa quanto quelle povere creature.”
    Il ragazzo stava fermo, in silenzio, e fissava la pianura.
    “Ti avevo promesso di farti visitare i posti dove si sono svolti questi fatti”, disse piano il vecchio.
    Joe annuì. “Grazie, nonno... ma adesso voglio tornare a casa.”

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